RUBRICA DI ATTUALITÀ: PENSARE FUORI DALLA RIGHE.
«E’ un vantaggio per tutti che questa ora della delusione
circa gli individui e la comunità sopraggiunga quanto prima». Con queste parole
il grande D. Bonhoeffer descrive, in vita
comune, in maniera quanto mai sorprendente la “delusione”. Solitamente,
infatti, essa è vista da tutti come qualcosa da evitare, un’esperienza comunque
negativa che porta con sé tanto dolore e che, non poche volte, sfocia anche
nella depressione.
Eppure per questo grande pensatore è addirittura un
“vantaggio”. Perché? Per comprendere
questa cosa dobbiamo operare una sorta di conversione
intellettuale.
In genere quando sperimentiamo una delusione i nostri
sentimenti si riassumono in questa frase: «ho dato tanto e non sono stata
capito, anzi sono stato contraccambiato con un torto o una irriconoscenza».
Questa frase che apparentemente non sembra avere nulla di male in realtà spesse
volte diventa come una sorta di veleno che pian piano finisce per far morire
chi la pronuncia nel proprio cuore attraverso la depressione, la rassegnazione,
il desiderio di non donarsi più, la tristezza e altro ancora.
Dove sta il problema? Nel fatto che ci si è spesi per un
altro? Evidentemente no. Il problema è più a fondo.
Spesso noi ci innamoriamo DI UN’IDEA. Spesso appiccichiamo
addosso ad una situazione, relazione o persona i nostri desideri, i nostri
ideali, i nostri sogni. Inizialmente sembra tutto andare bene perché ideale e
realtà sembrano coincidere. Ad un certo punto però, ed è inevitabile, pian
piano queste due sembrano allontanarsi sempre di più.
E’ come se ci si aprisse dinnanzi un bivio dal quale poi
scaturisce il dramma che non consiste propriamente nell’avere degli ideali.
Dinnanzi a questo bivio abbiamo due possibilità.
1) La
prima corrisponde a quel vantaggio di cui parlava Bonhoeffer. Quando rimani
deluso, quando cioè la vita ti dice che il mondo non gira come vorresti tu (e
per fortuna aggiungerei), è allora che dinnanzi ti si schiude la possibilità di
aprirti al reale e finalmente accoglierlo per come è, sì da poterne prendere il
bello, senza chiudere gli occhi sul negativo che comunque rimane.
2) La
seconda via, forse quella più praticata, è quella radicata in una grande
presunzione: quella di pensare che la realtà debba corrispondere alle proprie
idee. Ciò evidentemente non è possibile perché se essa dovesse ubbidire alle
idee di tutti sarebbe una cosa impresentabile più di quanto alle volte, per la
cattiveria dell’uomo, già lo è. Questo meccanismo fa sì che si cominci a
guardare l’altro con odio. “Mi hai deluso” diventa il ritornello che
continuamente viene indirizzato alle persone, paradossalmente alle più vicine,
che abitano la nostra quotidianità.
Occorre – dicevamo in apertura – una conversione non priva
di sofferenza. Occorre abbandonare quell’infantile modo di vivere per il quale
continuamente si vuole piegare la realtà all’ideale. I bambini, quando
s’accorgono che i loro desiderata non
sono realizzabili, iniziano a piangere e sbattere i piedi sperando che la realtà
cambi. L’adulto dinnanzi alla realtà, invece, sa interrogarsi per crescere. Il
cristiano poi in questo sa leggere anche la voce di Dio che chiama ad una
conversione che non è semplicemente intellettuale, ma spirituale e con questo
coinvolge tutta l’esistenza umana.
L’uomo contemporaneo purtroppo, nelle sue sicurezza, nella
superbia che deriva dall’idolatria della ragione e delle proprie capacità,
spesso possiede l’intima presunzione che la vita debba obbedirgli, in realtà è
l’uomo che deve obbedire alla vita. Questa obbedienza consiste propriamente
nell’amore, quello vero, quello capace di accogliere la vita, le situazioni, le
persone per quello che sono realmente. Non è amore quello che dinnanzi ad una
delusione, inizia ad odiare, a provare rabbia, rancore … è quello anzi il segno
che si PENSA DI AMARE gli altri, ma in realtà si è innamorati di se stessi. E’
quello il segno dell’urgenza di questa profonda conversione.
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