sabato 10 febbraio 2018

La grande occasione: La delusione!

RUBRICA DI ATTUALITÀ: PENSARE FUORI DALLA RIGHE.



«E’ un vantaggio per tutti che questa ora della delusione circa gli individui e la comunità sopraggiunga quanto prima». Con queste parole il grande D. Bonhoeffer descrive, in vita comune, in maniera quanto mai sorprendente la “delusione”. Solitamente, infatti, essa è vista da tutti come qualcosa da evitare, un’esperienza comunque negativa che porta con sé tanto dolore e che, non poche volte, sfocia anche nella depressione.
Eppure per questo grande pensatore è addirittura un “vantaggio”. Perché?  Per comprendere questa cosa dobbiamo operare una sorta di conversione intellettuale.
In genere quando sperimentiamo una delusione i nostri sentimenti si riassumono in questa frase: «ho dato tanto e non sono stata capito, anzi sono stato contraccambiato con un torto o una irriconoscenza». Questa frase che apparentemente non sembra avere nulla di male in realtà spesse volte diventa come una sorta di veleno che pian piano finisce per far morire chi la pronuncia nel proprio cuore attraverso la depressione, la rassegnazione, il desiderio di non donarsi più, la tristezza e altro ancora.
Dove sta il problema? Nel fatto che ci si è spesi per un altro? Evidentemente no. Il problema è più a fondo.

Spesso noi ci innamoriamo DI UN’IDEA. Spesso appiccichiamo addosso ad una situazione, relazione o persona i nostri desideri, i nostri ideali, i nostri sogni. Inizialmente sembra tutto andare bene perché ideale e realtà sembrano coincidere. Ad un certo punto però, ed è inevitabile, pian piano queste due sembrano allontanarsi sempre di più.
E’ come se ci si aprisse dinnanzi un bivio dal quale poi scaturisce il dramma che non consiste propriamente nell’avere degli ideali.

Dinnanzi a questo bivio abbiamo due possibilità.

1)    La prima corrisponde a quel vantaggio di cui parlava Bonhoeffer. Quando rimani deluso, quando cioè la vita ti dice che il mondo non gira come vorresti tu (e per fortuna aggiungerei), è allora che dinnanzi ti si schiude la possibilità di aprirti al reale e finalmente accoglierlo per come è, sì da poterne prendere il bello, senza chiudere gli occhi sul negativo che comunque rimane.

2)    La seconda via, forse quella più praticata, è quella radicata in una grande presunzione: quella di pensare che la realtà debba corrispondere alle proprie idee. Ciò evidentemente non è possibile perché se essa dovesse ubbidire alle idee di tutti sarebbe una cosa impresentabile più di quanto alle volte, per la cattiveria dell’uomo, già lo è. Questo meccanismo fa sì che si cominci a guardare l’altro con odio. “Mi hai deluso” diventa il ritornello che continuamente viene indirizzato alle persone, paradossalmente alle più vicine, che abitano la nostra quotidianità.

Occorre – dicevamo in apertura – una conversione non priva di sofferenza. Occorre abbandonare quell’infantile modo di vivere per il quale continuamente si vuole piegare la realtà all’ideale. I bambini, quando s’accorgono che i loro desiderata non sono realizzabili, iniziano a piangere e sbattere i piedi sperando che la realtà cambi. L’adulto dinnanzi alla realtà, invece, sa interrogarsi per crescere. Il cristiano poi in questo sa leggere anche la voce di Dio che chiama ad una conversione che non è semplicemente intellettuale, ma spirituale e con questo coinvolge tutta l’esistenza umana.

L’uomo contemporaneo purtroppo, nelle sue sicurezza, nella superbia che deriva dall’idolatria della ragione e delle proprie capacità, spesso possiede l’intima presunzione che la vita debba obbedirgli, in realtà è l’uomo che deve obbedire alla vita. Questa obbedienza consiste propriamente nell’amore, quello vero, quello capace di accogliere la vita, le situazioni, le persone per quello che sono realmente. Non è amore quello che dinnanzi ad una delusione, inizia ad odiare, a provare rabbia, rancore … è quello anzi il segno che si PENSA DI AMARE gli altri, ma in realtà si è innamorati di se stessi. E’ quello il segno dell’urgenza di questa profonda conversione.




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