"Libertè, Egalitè, Fraternitè" gridavano gli uomini della
rivoluzione francese esprimendo quella che fu presa, da lì in poi, come emblema
della sete di libertà dell'uomo. Ma di rivoluzioni, più o meno sensate, per una
presunta libertà, la storia ne ha viste tante. Sempre, nella storia dell'uomo,
c'è stato questo deisderio di liberarsi dalla schiavitù dei prepotenti.
Oggi però, per riflettere sul tema della libertà, vorrei considerare
qui due/tre figure molto diverse tra loro, di uomini che hanno desiderato la
libertà per sè e per gli altri. Da un lato vorrei prendere in considerazione Adamo
ed Eva, dall'altro Gesù. Sono tre
personaggi che ci parlano di due tipi di libertà per le quali l'uomo si è
sempre battuto nel corso della storia.
I nostri progenitori i quali, sentendosi limitati da chi invece li
amava profondamente, gli si sono rivoltati e hanno espresso il loro desiderio
di libertà rovinandosi con le loro mani, finendo poi per perdere la libertà dei
figli di Dio; dall'altro lato abbiamo chi, invece in silenzio e, potremmo dire
usando un'espressione non elegantissima, facendo il proprio "dovere"(parola
forse poco consona), ha liberato l'umanità dalla vera schiavitù del peccato.
E' vero che tra i lettori di questo gruppo molti si professano non
credenti per cui mi si potrebbe dire: ok in queste cose ci credi tu, ma a noi
non riguardano. Tuttavia qui vorrei considerare i due modelli che ci sono
proposti perchè infondo, che ci si creda o no, nella Bibbia, e questo lo
riconoscono anche i non credenti, è descritta la storia dell'uomo, di ogni
uomo, dei suoi attegiamenti, dei suoi pregi e difetti di tutti i tempi.
D'altronde non a caso la Bibbia è da sempre definito il primo e il migliore
trattato di antropologia.
Infondo non assistiamo ancora oggi a rivoluzioni culturali,
ideologiche che paventano la libertà dell'uomo ingabbiandola poi in una
schiavitù maggiore? Il diritto all'aborto per il quale si dice che la donna è
libera di scegliere per la vita o per la morte del nascituro, il quale non
soltanto spezza una vita, ma finisce, come dicono gli psicologi e i medici
(quelli onesti), per distruggere la donna con il senso di colpa generato in
alcuni casi dall'impossibilità di avere poi un bambino, in altri dalla
consapevolezza del gesto acquisita poi con un successivo parto. Il diritto
all'esercizio libero della propria sessualità per il quale ciascuno dovrebbe
sentirsi in grado di poter usare il proprio corpo e quello altrui a proprio
piacimento, riducendo la persona a non poco più di un "oggetto
vivente". La liberalizzazione di
ogni sorta di sistema economico per il quale la l'Italia, come qualsiasi altro
stato, può sentirsi libero di delocalizzare le proprie imprese in una nazione
"a basso costo" gettandola sempre più nella povertà e nella
difficoltà.
Insomma il tentativo è sempre lo stesso: in nome della mia libertà io
mi rendo, più o meno consapevolmente, schiavo.
Dall'altro lato ci sta il professore, il politico, il prete o
semplicemente il padre o la madre di famiglia, che hanno il coraggio di andare
controcorrente, che hanno il coraggio di finire su quella croce perchè non ci
stanno ad essere schiavi di un sistema che propone l'illusione di una libertà
schiavizzante.
Il tutto si può riassumere in due parole ben note: libertà e
libertinismo. La prima parola ci dice che la libertà non è assenza di regole,
ma è la capicità da saper valutare e pesare quali sono i limiti e le regole che
già in natura esistono per potervi aderire o no in piena coscienza. Attenzione:
la non adesione non è però un diritto, ma un errore e, come tale, dovrebbe
essere sanzionato e corretto nel giusto modo. Semplice esempio: il diritto
naturale mi dice che non devo uccidere. Io in quanto libero posso rispettare
questa regola o meno, ma se non la rispetto ci sono delle conseguenze che io mi
devo assumere. Non solo: il garante del
diritto e della legge dovrebbe impegnare tutte le sue energie affinchè queste
regole non venissero trasgredite.
Il libertinismo invece ci dice, o meglio, insinua in maniera subdola,
quella mentalità per la quale non esistono regole se non quelle convenzionali
della cultura predominante e che dunque non contengono motivazioni oggettive e
trascendenti per le quali non si possano infrangere. Insomma se lo si ritiene
giusto si può fare quello che si vuole e nessuno può dire niente pena
l'etichettatura di retrogrado, medievale e oscurantista.
La domanda che vi pongo, cari amici, è dunque la seguente: Con questa,
cosìddetta emancipazione culturale, come alcuni la definiscono, ci stiamo
liberando o stiamo finendo per essere "liberi schiavi"??? A voi la
parola.