lunedì 26 agosto 2019

L'AMAZZONIA BRUCIA, MA TANTO NOI SIAMO LONTANI

RUBRICA DI OPINIONE


"Agorà: Piazza di discussione"



Il titolo dell'articolo è esattamente ciò che pensa gran parte del popolo italiano, ma anche europeo. E non è per niente sostenibile un'affermazione del genere.

Il fatto che stia bruciando IL polmone del mondo dovrebbe bastare già per dare alla popolazione un forte scossone, per far sentire almeno un po' quel senso di colpa doveroso nei confronti del nostro pianeta, per unirci. Il problema è che ciò non accade. Il problema è che si continua a coltivare indifferenza, come sempre, verso tutto ciò che ci circonda. Il problema, naturalmente, è proprio l'uomo, che anche in questi casi crea polemiche parlando di Destra e Sinistra politica, quando per entrambe le "fazioni" il mondo è in comune, la Terra è la stessa, indipendentemente se si è conservatori o liberali. Pertanto, problemi come questi andrebbero risolti obiettivamente e indipendentemente dal partito che si rappresenti o che si appoggi, perché è una problematica che interessa tutti. 

Man mano stiamo diventando sempre più materialisti, consumisti, egoisti e con le manie di onnipotenza. Pensiamo di poter costruire ovunque, di abbattere montagne, di stroncare gli alberi per meri interessi economici, di appiccare fuochi per liberarci di ciò che è per noi ingombrante, di fare tutto ciò con l'aggiunta di presunzione dicendo "che sarà mai, non succederà nulla". Il punto è che, invece, succede eccome: le Canarie, la California, l'Oregon, Washington, la Columbia, l'Amazzonia, la Grecia, la Siberia, il Portogallo stanno bruciando, e potrei continuare per un altro po'. 

Soffermandoci sulla foresta amazzonica, il problema più grande è l'immissione continua di Co2 nell'atmosfera... Quando avremmo  disperatamente bisogno di fare il contrario!  Andando oltre lo Co2, eliminare la foresta comporterebbe l’aumento della temperatura anche localmente; immaginate cosa succederebbe unendo all'Amazzonia tutte le altre foreste che stanno bruciando nel mondo, certamente non una bella situazione ambientale. 
Ma lo scenario ancor più drammatico, come accennato in precedenza, è lo scontro tra il presidente del Brasile Jair Bolsonaro e quello francese Emmanuel Macron, che mette da parte ogni speranza di cambiamento: Bolsonaro accusa le ONG di aver dato il via ai fuochi, vede intenzioni colonialiste ovunque e decide di mandare l'esercito e canadair solo ora che è attaccato praticamente da tutta Europa e non. Doveroso è ricordare che lo stesso Bolsonaro, appena eletto, sostenne di "voler rendere produttiva l'Amazzonia", e per di più il governo tagliò del 24% i fondi all’Istituto brasiliano per l’ambiente (Ibama), braccio operativo del ministero dell’Ambiente. Direi che siamo tutti bravi a creare prima i problemi per poi incolpare il primo che passa. 

Ciò che mi ha preso di più, però, sono state le parole sincere di un indigeno in particolare, Eric, 23 anni, indigeno Karipuna: "Andarcene? Dove? È la nostra terra, è parte di noi. Lotteremo. Siamo abituati a farlo. Come abbiamo resistito alle invasioni, ora resisteremo al fuoco. Ora va un po’ meglio: ieri ha piovuto e le fiamme si sono arrestate. Ma oggi il fuoco potrebbe riprendere ad avanzare. Da soli non possiamo affrontarlo. Chiediamo al mondo di non voltarsi dall’altra parte. Il mio popolo, i Karipuna, ha rischiato di estinguersi per le violenze e le malattie portate dai conquistatori nei secoli passati. Siamo rimasti in 58. Altre tribù sono state cancellate. Lo sterminio prosegue nel presente: i cacciatori di risorse ci considerano un ostacolo. Chiediamo solo di poter continuare a esistere come indigeni. Non lasciate che veniamo ridotti in cenere. Le invasioni sono diventate quotidiane. I cacciatori di risorse si sentono spalleggiati. E lo sono: continuiamo a denunciare, ma nessuno interviene".


"chiediamo solo di poter continuare a esistere come indigeni. Non lasciate che veniamo ridotti in cenere", "continuiamo a denunciare, ma nessuno interviene", queste le frasi più dure da mandare giù, che lasciano trapelare tutta la tristezza e la commozione che possa provare una persona nel vedere bruciare la sua casa, la sua terra, nel veder sparire i suoi compagni tra le fiamme e tra il piombo dei colonialisti. Adesso mi chiedo: vogliamo davvero continuare a restare indifferenti? Vogliamo davvero continuare a sradicare le persone dalla propria patri per costruirci sopra fabbriche? La Terra sta scomparendo: le foreste bruciano, il clima è in continuo aumento, le nazioni sono sommerse dalle piogge, i terremoti si fanno più forti, gli uragani stanno spazzando l'Atlantico. Sinceramente? Ben ci sta, questo è il prezzo da pagare per le continue avversità bambinesche nella politica, per la mania conquistatrice verso i più deboli, per la predisposizione incontrollata nello stuzzicare la natura tentando di sfidare le sue leggi, e per il nostro repentino menefreghismo verso il mondo che viviamo. Pensateci a buttare la gigomna per terra, pensateci ad appiccare fuoco ai cassonetti, pensateci quando dite "tanto noi siamo lontani e non ci succede nulla", perché il pianeta sta cambiando... Ma sempre in peggio.




Aldo Maria Cupello 
 aldocupello6@gmail.com




sabato 24 agosto 2019

MORRA E GRATTERI: PRIMA DI PARLARE, PENSATE!

RUBRICA DI ATTUALITÀ


"Pensare fuori dalle Righe"




Ammetto che il titolo di questa mia riflessione possa risultare un po’ forte e forse anche irrispettoso, ma a volta tocca correre il rischio di risultare tali quando di mezzo c’è in gioco, non solo la verità, ma propriamente la strumentalizzazione della stessa per interessi di partito o di poltrone. 

Non vi nego che scrivo queste righe con molto dispiacere perché, se alcune affermazioni arrivassero da un qualsiasi politicante improvvisato passino pure, ma dal Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia e dal Procuratore Capo di Catanzaro, beh … è un’altra storia. Ma andiamo con ordine …

Qualche giorno fa il Senatore Morra in suo acceso ed intenso discorso così si è espresso nei riguardi del Ministro dell’Interno: 

“Ora in terra di Calabria ostentare il rosario, votarsi alla Madonna, dove c'è il santuario cui la 'ndrangheta ha deciso di consegnarsi significa mandare messaggi che uomini di Stato, soprattutto ministri degli Interni devono ben guardarsi dal mandare”.


Ora lungi dal voler affermare che la ‘Ndrangheta non abbia strumentalizzato molti simboli religiosi, lungi dal voler pensare che non ci sia commistione tra una certa ritualità e una forma deviata e inconsistente di pietà con il linguaggio mafioso; ancor di più lungi da me il voler difendere la squallida strumentalizzazione del rosario e, prima ancora del Vangelo, fatta dal Leader della Lega. Tuttavia mi domando: “Come si può dire che mostrare pubblicamente il Rosario sia un messaggio alla ‘Ndrangheta per il fatto che il Santuario di Polsi era diventato – come tristemente sappiamo – luogo di ritrovo di alcuni boss mafiosi?”

Intanto questo, da che ne ho io memoria, non risulta da nessuna inchiesta, dichiarazione di pentiti o studi fatti in merito. Sarebbe come a dire che il Papa, che qualche giorno fa ha benedetto centinaia di rosari in piazza San Pietro, abbia voluto mandare un messaggio ai mafiosi, oppure come a dire che se, nel Santuario che si trova nel perimetro della mia parrocchia in Belvedere Marittimo, io prendessi in mano il Rosario stia mandando un messaggio alla cosca locale. Ma ci rendiamo conto di quello che si va dicendo soltanto per affondare l’avversario politico?
La risposta di Salvini, che da volpone mediatico qual è non si è fatta attendere, ha così rimbalzato l’attacco: “Il Senatore Morra ha offeso in un colpo calabresi e cattolici”. Ora – mi costa dirlo – per una volta non sento di dare torto al Ministro dell’Interno, perché altra cosa è dire che i mafiosi abbiano assunto il linguaggio religioso per portare avanti le loro schifezze, altra cosa è dire tout courtche sventolare un rosario sia un occhiolino alla mafia!


Stessa amarezza ho assaporato leggendo le dichiarazioni rilasciate da Nicola Gratteri, noto Procuratore al quale siamo grati per il lavoro profuso contro la ‘Ndrangheta, ma che spesso si lascia andare a dichiarazioni che sanno di improvvisazione mediatica. Riporto anche le sue parole rilanciate dal “Corriere della Calabria”: 


“Faccio il magistrato da 26 anni – spiega Gratteri – e non trovo covo dove manchi un’immagine della Madonna di Polsi o di San Michele Arcangelo. Non c’è rito di affiliazione che non richiami la religione. ’Ndrangheta e Chiesa camminano per mano...”

Ora, anche qui consentitemi di giocare di anticipo rispetto alla critiche di eventuali superficiali: non si può negare che alcuni uomini di chiesa, forse nemmeno pochi, abbiano e continuino ad avere un atteggiamento di collusione o forse di superficiale indifferenza nei confronti del fenomeno mafioso. Questo – purtroppo – non posso nemmeno pensarlo. Ma è altra cosadal dire che “Chiesa e ‘Ndrangheta in Calabria camminano per mano”.

Al Procuratore Gratteri, infatti, bisognerebbe ricordare un po’ di storia che, ne sono certo, egli conosce meglio di me. Quando, non solo in Calabria, ma in tutta Italia si pensava che la mafia non esistesse, furono i vescovi italiani, e non i magistrati, a denunciare questo fenomeno. Nel 2006 fu la Caritas Calabrese, e quindi i vescovi calabresi, a denunciare con forza l’insufficienza di mezzi e di attenzione che, non solo all’interno della Chiesa, ma anche all’esterno e quindi nella magistratura come nella politica, rallentavano la morte del fenomeno ‘ndranghetisico. 
La Calabria vanta, tra gli altri, personaggi come don Italo Calabrò che seppe spendersi senza paura contro la ‘Ndrangheta a difesa dei più poveri. Attualmente abbiamo sacerdoti come don Giacomo Panizza, don Ennio Stamile che non si sono mai fermati dinanzi alle intimidazioni ricevute, ma con coraggio portano avanti molte iniziative in territori confiscati, tra cui mi piace menzionare “Luna Nuova” di Lamezia Terme e la nascente università della memoria e dell’impegno che va prendendo vita in Limbadi (VV). 

Occorrerebbe ricordare che, proprio nella diocesi che egli critica nel suo intervento, ovvero Locri-Gerace, una faida tra mafiosi è stata smorzata dall’allora Vescovo Giancarlo Maria Bregantini che senza mezzi termini, non solo condannò il crimine mafioso, ma lo combatté mettendosi accanto a molti giovani e costituendo delle co-operative sociali, perché la mafia si combatte anche creando posti di lavoro per coloro che il lavoro fanno fatica a trovarlo senza una raccomandazione. In questa stessa diocesi l’attuale Vescovo Mons. Oliva sta continuando un lavoro intelligente sul territorio di cui espressione è stata la giornata della Memoria tenuta il 21 Marzo di due anni fa proprio a Locri. 
Ancora bisognerebbe ricordare al Procuratore che a Reggio Calabria non è lo stato a favorire l’allontanamento da famiglie mafiose di donne e bambini, ma Libera che attualmente in Calabria – ma guarda un po’- è guidata da un sacerdote (don Ennio Stamile) e che ancora prima era guidata da un ex-sacerdote (Mimmo Nasone). La lista potrebbe continuare a lungo e potrei portare l’elenco delle persone che personalmente, fin da seminarista, ho accompagnato e continuo ad accompagnare in un ambiente che, spenti i microfoni e i riflettori, fa sperimentare tanta solitudine in primo luogo proprio da parte delle istituzioni. Ma sono tanti i confratelli che nel silenzio s’impegnano, come ci ha insegnato don Pino Puglisi, a fare il loro semplice dovere, annunciando il Vangelo e con questo combattendo alla radice fenomeni come la ‘Ndrangheta. 

Concludo perché questa volta mi sono molto dilungato e voglio concludere con una domanda: è mai possibile che non si riesca a capire che la lotta al crimine organizzato non si fa sparandosi gli uni contro gli altri, ma alleandosi, catalizzando le energie positive, perché in fondo siamo dallo stesso lato della “barricata”? È mai possibile che gente intelligente come il Senatore ed il Procuratore non si rendano conto che delle mele marce non rendono marcio tutto l’ambiente. Altrimenti anche il Procuratore non sarebbe credibile visto e considerato che certamente se ci troviamo in queste condizioni oggi è perché ci sono stati tanti più procuratori, giudici e avvocati corrotti rispetto a quanti preti e vescovi magari lo sono anche stati.

A me davvero fa tanta paura la poca intelligenza con la quale si parla e spesso si disorienta a costo di trovare un po’ di luce propria e qualche spazio sui giornali. Forse anche questa è mafia. 



Don Giuseppe Fazio
gfazio92@gmail.com






sabato 10 agosto 2019

SIAMO CON I PIEDI NELLE FECI

 RUBRICA DI ATTUALITÀ


"Pensare fuori dalle Righe"





Carissimi, 


               che il cristianesimo in Europa, sempre più, stia diventando una minoranza non è una novità. Quando parlo di cristianesimo evidentemente non parlo di chi sventola rosari per convenienza o di chi si identifica in quelle frasi del tipo "sono credente, ma non praticante", più atte ad autogiustificarsi che ad altro, bensì di chi fa del Cristo il modello di vita quotidiana. 

Questa non è, dunque, una novità. Risulta nuovo e, a mio modesto avviso, anche allarmante il clima di intolleranza e di violenza che va via via manifestandosi nei confronti di Chiese, Associazioni Cattoliche, Istituti religiosi, ecc ... 

Potrei citare le minacce dell'ISIS, le attività delle sette sataniche (realtà troppo poco prese sul serio), l'ostica avversione di alcuni ambienti LGBT che spesso, con la scusa della tolleranza diventano pressoché intolleranti e violenti o anche l'attività silenziosa, ma forte e presente ovunque, della Massoneria, ma non lo farò. 

Voglio rifarmi, invece, ad un gesto avvenuto in una piccola cittadina della mia diocesi: Acquappesa (Cs). Qualche giorno fa il parroco, il carissimo don Giacomo, al quale esprimo la mia più sincera vicinanza fraterna, ha trovato sperse nella sua chiesa parrocchiale delle feci. 

Non parliamo, dunque, di una città popolata da immigrati, musulmani o chissà cosa, ma una cittadina che in questo periodo per altro è ricca di turisti che godono del nostro bellissimo mare. 

Onestamente questo gesto mi preoccupa non poco. Perché? Fino a pochi anni fa un gesto del genere non era neppure immaginabile in Italia, ma soprattutto nel sud della nostra penisola. La chiesa, infatti, nonostante tutto è sempre rimasto un punto di riferimento e, quand'anche qualche sacerdote non abbia riscosso grandi simpatie (non è il caso di don Giacomo), gli edifici religiosi son sempre stati oggetto di grande rispetto da parte di ogni singolo cittadino. 

Qualcuno ha detto: "Forse una bravata da ragazzi". Se così fosse, non credo proprio che la questione sia meno allarmante. Da ragazzi, infatti, tutti abbiamo fatto delle bravate e, forse, anche piuttosto sciocche, ma credo che mai ci sarebbe passato per la testa di colpire un luogo in cui la comunità si ritrova perché in quel luogo sempre e di nuovo riscopre la propria identità di popolo, come quello di Acquappesa, fortemente devoto alla Madonna del Rifugio. Perché la storia di questo popolo, popolo di gente semplice, accogliente, come come quella di tanti altri paesi, è intrisa e segnata dalla pietà popolare.

Ecco ... la questione qui non è più essere credenti o non credenti, ma rispettosi, consapevoli della propria storia e della propria identità. 

Io, non lo nascondo, ho paura. Ho paura di questo clima di intolleranza, di violenza, di superficialità spesso troppo alimentato da una politica miope e populista. Ho paura ... perché se neppure il pubblico è rispettato, è proprio vero .... siamo nelle feci, e con tutti e due i piedi.

Spero vivamente che, prima o poi, questa puzza diventi così insopportabile sì da spingerci ad una sana pulizia, prima che del corpo, degli occhi del cuore. 



Don Giuseppe Fazio
gfazio92@gmail.com