PRIMA STAZIONE
Gesù è condannato a morte
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Dal Vangelo secondo Marco. 15, 10-19. |
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Meditiamo La condanna che Gesù riceve non è una condanna definitiva e conclusa. Il suo processo rimarrà aperto fino alla fine del mondo. Ancora oggi, infatti, tanti innocenti vengono condannati da folle sobillate da influencer, politicanti, presunti preti o religiosi. Quante parole violente vengono scagliate addosso a chi fa il proprio mestiere, correndo anche il rischio di sbagliare. Sono innocenti eppure, per invidia, li si vuole crocifiggere. Quanta violenza esce dalla bocca di coloro che pure si professano discepoli del Dio che assume il posto dell’imputato e non del giudice; quante condanne anche nella nostra comunità parrocchiale e civile: ogni testa un tribunale con il conseguente risultato che in ognuno di noi tante volte a ricevere la condanna a morte è, ancora una volta, Gesù Cristo. Tutto ciò, però, non sarebbe possibile senza Pilato. L’uomo che, pur sapendo Gesù innocente, per dar soddisfazione alla folla, lo condanna. L’uomo che non riesce ad opporsi all’opinione comune; l’uomo che, per paura di perdere prestigio, fa uccidere un innocente, proprio quell’uomo – ammettiamolo - quanto ci somiglia!
Padre Nostro
Santa Madre deh voi fate … |
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SECONDA STAZIONE
Gesù è caricato della Croce
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Meditiamo
Ci incamminiamo dietro a Gesù con la croce sulle spalle. Ma cos’è la croce? Una malattia? No, questa fa parte della biologia umana; una crisi economica? Nemmeno, fa parte delle leggi di mercato. Un litigio? Neanche, questa dipende dal nostro peccato. La croce è servire Dio in tutte queste cose, ascoltarlo, lasciarsi guidare in queste cose. Si può servire Dio nella salute, nella ricchezza e nei momenti di gioia, ma lo si può servire anche con una malattia, nella povertà, nei momenti in cui si è fraintesi o feriti. Cristo decide di servire il Padre, di amarlo, sempre: quando è stato osannato non si è montato la testa e quando è stato vilipeso non si è rivoltato con il Padre lamentandosi o addossando a lui le colpe e nemmeno è divenuto violento con i suoi delatori.
Amare, lodare, servire Dio in ogni situazione è la nostra croce e delizia. Questo tipo di vita è per tutti, ma lo capiscono solo coloro che hanno realmente incontrato l’amore e la tenerezza che Dio ha per noi. Agli occhi di molti Gesù parve e continua ad apparire un povero fesso, un debole … ma chi ha conosciuto l’amore del Padre capisce che oltre c’è tanto altro. La croce è un mistero di amore stupendo che comprende solo chi ha incontrato Dio. Agli altri non si può spiegare nulla.
Padre Nostro
Santa Madre deh voi fate …
TERZA STAZIONE
Gesù cade per la prima volta
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
PAROLA DI DIO |
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Meditazione
Cadere nella vita, si cade tante volte:
Quando si impara a camminare. Quando si ha fretta. Quando si è ammalati. Quando si è anziani. Cadere si cade anche quando si porta la croce, anche quando si vuole servire il Signore con i migliori sentimenti e le migliori intenzioni. È caduto anche il figlio di Dio. Di cadere, infatti, capita solo a chi cammina, chi si muove.
Quanti sensi di colpa, quanta tristezza, quanta rabbia portiamo nei nostri cuori per essere caduti, per degli errori che non ci perdoniamo, per le nostre fragilità. Consoliamoci, fratelli, è caduto anche Gesù. Consoliamoci tutte le volte che cadiamo perchè per terra troviamo anche Gesù. È nelle miserie che vorremo eliminare che conosciamo il volto misericordioso di quel Dio che proprio lì dove siamo fragili e spauriti ci è venuto a prendere. Sarebbe bello se a Marcellina noi credenti entrassimo davvero in questa misericordia; è come se Dio oggi ci dicesse: non abbiate paura di mostrare le vostre fragilità! Non abbiate paura di confessarle! Liberatevi dai sensi di colpa! Cadiamo insieme e insieme rialziamoci. Non abbiate paura della misericordia! E non stancatevi mai di Chiedere perdono al Padre e ai fratelli perché Lui non si stanca mai di concederlo!
Padre Nostro
Santa madre deh voi fate ….
QUARTA STAZIONE
Gesù incontra sua Madre
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Meditiamo
È agli incroci della nostra esistenza, quei momenti terribili in cui dobbiamo decidere se svoltare e dove, che ci serve essere consolati e consigliati. A volte sappiamo già da che lato svoltare, ma abbiamo paura, siamo frenati, pensiamo di non farcela. Quanti ragazzi rimangono con la freccia esistenziale accesa, senza mai svoltare, senza mai accogliere la loro vocazione. Ragazzi che si fanno un giro, senza mai una meta. A questi ragazzi serve la tenerezza di una Chiesa che sappia essere madre. Sono ragazzi che pensano di essere fragili, inadeguati, sbagliati e ai bivi della loro esistenza o si fermano o si perdono nel fumo, nella droga, nel sesso, nell’alcol, nel gioco d’azzardo. E questo – anche qui a Marcellina – sotto lo sguardo distratto degli adulti accade sempre più a ragazzi giovanissimi. Noi adulti siamo distratti, mentre le iene fanno soldi sulla carne ingenua dei nostri cuccioli.
In questi incroci abbiamo bisogno di incontrare ancora una volta la tenerezza di una Madre, la tenerezza di Maria, quella tenerezza che è andata incontro a Gesù forse mentre rischiava di fermarsi, di perdersi, di tornare indietro.
I nostri ragazzi hanno bisogno di meno saccenza e rimproveri e più tenerezza, saggezza, vicinanza, esempi a cui guardare. Aiuti Maria Santissima, la nostra Marcellina ed essere sempre più madre e meno matrigna. Ave o Maria
QUINTA STAZIONE
Gesù è aiutato dal Cireneo
a portare la Croce
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Meditiamo
In una stazione c’è sempre gente che va e gente che viene. Per la verità c’è anche gente che si nasconde nelle stazioni, gente che cerca un rifugio per dormire o per nascondere chissà quali attività. È triste quando la stazione diventa il pericoloso rifugio dei nostri ragazzi, sintomo di una società che non sa o non può più offrire spazi alternativi. Ad ogni modo una stazione è un luogo di passaggio, proprio come lo era il calvario. Mentre Gesù sale al calvario, c’è un uomo che torna da lavoro, lui viene preso e costretto ad aiutare Gesù. Da questa stazione passano tanti cirenei che la mattina presto partono per andare a lavorare e tornano la sera tardi a casa. Tanti altri non prendono il treno, ma la macchina … in fondo la musica è la stessa. Il punto è che mentre un pensa semplicemente di andare a lavorare la vita si mostra più complessa: tu pensi che la cosa più importante sia portare il pane a casa e invece c’è da aiutare il figlio di Dio. La storia ci narra che la famiglia del Cireneo divenne credente e anche famosa, infatti, l’evangelista Marco menziona addirittura i nomi dei suoi figli. Da quel giorno è cambiata la storia di questo semplice lavoratore. Questo cireneo ci ricorda che la nostra vita non è solo lavoro. Il lavoro è utile, necessario … ma non è tutto! C’è da aiutare il figlio di Dio: c’è da crescere dei figli, da sostenere una comunità parrocchiale e civile, da impegnarsi nelle cose comuni. È chiaro che i figli se ne vanno altrove se i genitori sono sempre impegnati; è chiaro che la comunità diventa sempre più brutta se nessuno ci si dedica gratuitamente, liberamente senza che un servizio diventi poi la pretesa di un posto di onore. Non siamo macchine da lavoro, siamo cirenei, capaci di aiutare Dio a portare la croce con cui lui salverà il mondo.
Gloria al Padre …
SESTA STAZIONE
La Veronica asciuga il volto di Gesù
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Meditiamo
La strada di Gesù oramai è una strada dritta verso la morte. Non c’è alcuna deviazione di percorso prevista, la meta è chiara. Si procede diritti fino alla crocifissione. Eppure accade che improvvisamente qualcosa cambia, come una curva improvvisa, inaspettata. Una donna gli si fa prossima e gli asciuga il volto. Per lui sarà stato un sospiro di sollievo, un attimo di riposo, un momento di paradiso, una carezza al cuore. Le vite di tante persone sembrano strade dritte verso il patibolo e tante volte non possiamo fare davvero nulla per deviare il loro percorso: ammalati, tossicodipendenti, alcolizzati, ludopatici. Quanti genitori, fratelli, amici si sentono così impotenti dinanzi al male causato e alimentato da gente senza scrupoli che, pur di fare soldi, non guarda in faccia nessuno? Cosa fare? Tante volte si può poco … un gesto di affetto, asciugare il volto è un gesto potente: il volto è l’identità di una persona, il gesto dell’asciugare vuol dire rimuovere ciò che copre e sporca la propria identità. A volte ciò che serve per aiutare una persona disperata e ferita è semplicemente ricordagli il suo volto, fargli da specchio, ripulirlo con il proprio affetto e ricordargli quanto vale. Quante volte lo abbiamo detto: ma ti sei visto allo specchio?
Abbiamo tanta paura di guardarci allo specchio perché ci troviamo sporchi, sanguinanti, brutti … quanto disprezzo portiamo su noi stessi, eppure siamo creati a immagine e somiglianza di Dio. Impariamo dalla tenerezza della Veronica che può solo pulire il volto, tornare a quella somiglianza, renderla di nuovo visibile; impariamo da lei affinché la nostra vita sia un continuo pulire e lasciarci pulire il volto.
Ave Maria
SETTIMA STAZIONE
Gesù cade per la seconda volta
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Meditiamo
Quando si è giovani si pensa sempre che se uno sbaglio si fa una volta, non lo si commette la seconda. Che dove si è caduti una volta, non si cadrà la seconda. Per questo ci dà tanto fastidio quando gli altri ripetono verso di noi un errore, un’offesa, un fraintendimento. Eppure, sappiamo che non è così, sappiamo che spesso noi ripetiamo sempre gli stessi errori. Per i preti confessare è in realtà molto noioso: si sentono sempre le stesse cose. Sì, perché non basta un po’ di buona volontà per non ripetere le nostre cadute. Gesù è stanco, ferito, sanguinante, dolorante come potrebbe bastargli un po’ di buona volontà?
Anche noi tante volte ripetiamo i nostri errori perché siamo stanchi, feriti, traumatizzati da chissà quali eventi della nostra infanzia, quali delusioni, sensi di colpa, paure … e come potrebbe bastare un po’ di buona volontà? Si cade e si ricade e ci si sente sempre sconfitti. Come potrebbe bastare un po’ di impegno?
Gesù cade la seconda volta e ci ricorda che non è l’impegno che ci salva, ma l’amore dato e ricevuto. Per questo la confessione – pur se sempre con gli stessi peccati – ci rimette in piedi perché nella confessione ci lasciamo amare da Dio nelle nostre cadute più dolorose e, tal volta ridicole. Tante persone hanno paura della confessione, tanti la ritengono inutile … solo chi la sperimenta e la pratica sa che se non ci fosse andrebbe inventata perché noi cadiamo sempre negli stessi inciampi e sempre abbiamo bisogno di essere rimessi in piedi dalla tenerezza e dalla misericordia di Dio.
Padre Nostro …
OTTAVA STAZIONE
Gesù incontra le donne di Gerusalemme
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Meditiamo
In diverse regioni dell’Italia, tra cui eccelle la Calabria, sono conosciute delle figure che venivano ingaggiate durante i funerali: le piagnone. Quelle donne che piangevano il defunto tal volta mettendo in piedi una sceneggiata piuttosto drammatica e buffa.
Piangere è un atto importante. Non è facile. Molti ormai non sappiamo più farlo. Per alcuni è un gesto di debolezza, per altri è davvero liberatorio. Queste donne piangono su Gesù e Gesù reagisce: piangete su voi stessi e sui vostri figli. Ne abbiamo motivi per piangere? Gesù sta per morire, ma sa bene che va incontro alla risurrezione, sa che il Padre non lo lascia nemmeno per un istante. Dunque, sì, soffre, ma passerà. Inutile disperarsi. Ma noi motivi per piangere ne abbiamo? Proviamo a guardarci intorno: siamo una nazione che non ha tanto futuro, bambini non ne nascono più e quelli che vengono al mondo diventano velocemente carne da macello di un ipermercato mondiale in cui si vende e si compra l’innocenza in cambio di un po’ di piacere; beni primari come la salute e l’istruzione sono diventati ormai il lusso di poche famiglie ricche che possono accedere a servizi privati e per di più la violenza messa in campo dalle varie mafie, insieme alla massoneria, bloccano ogni forma di sviluppo. E poi? Poi per noi non è mica detto che dopo la morte ci sarà il Paradiso. C’è un rischio, anche minimo, di finire un po’ più giù, certo lì si sta caldi, ma di sicuro non si ride.
Ne abbiamo motivi per piangere su noi stessi. Queste donne piangono su Gesù perché non sanno guardarsi intorno e, ancor peggio, dentro. San Francesco d’Assisi una volta fu trovato tra le lacrime, disperato e quando, preoccupati i frati gli chiesero, perché piangi? Lui rispose, riferendosi ai suoi peccati: Piango l’amore non amato. Abbiamo urgente bisogno di imparare nuovamente a piangere, senza vergogna, senza paura. Perché il pianto è il sintomo esterno di chi ritorna in se stesso, di chi capisce di aver buttato via tanto, di chi sa di essere stato stolto e ora non vuole più. Chiediamo a Dio che ci insegni di nuovo a piangere su noi stessi per desiderare di non rovinare più la bellezza della nostra vita. Padre Nostro
NONA STAZIONE
Gesù cade per la terza volta
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni. Ma, se affligge, avrà anche pietà secondo la sua grande misericordia.
Meditiamo Sono tre le cadute di Gesù che la tradizione ci racconta. Ci sono momenti nella vita di un uomo in cui si pensa che a tutto c’è un limite. Non si può tollerare una debolezza reiterata più volte. Volgarmente diciamo: Alla prima passa, alla seconda pure, ma alla terza … ecco, qui siamo alla terza. Tre volte il Signore Gesù cade per terra e tre volte deve rialzarsi perché non è mai vero che una persona non sia recuperabile. Non è mai vero che per una persona non c’è più speranza. Non è mai possibile accettare una sentenza definitiva sulla vita e sulla storia di una persona. Gesù cade tre volte e si rialza arrivando fino in fondo, forse volendo completare quell’insegnamento che aveva dato ai suoi discepoli qualche tempo prima, quando Pietro, in uno slancio di generosità aveva chiesto: va bene se ad un fratello perdono fino a sette volte? Lui aveva risposto: non sette, ma settanta volte sette. Ora con la sua vita, mentre cade la terza volta pare voler dire: vedete? Vale la pena perdonare perché ci si può sempre rialzare. Il perdono non è altro che un’ennesima possibilità regalata per amore affinché chi ha sbagliato si rialzi. Abbiamo tutti bisogno di un’ennesima possibilità di rialzarci, sempre, ogni giorno perché il rischio di rimanere parcheggiati nelle nostre povertà è davvero alto; il rischio di tirare il freno a mano e spegnere il motore della nostra esistenza e rimanere fermi nella fanghiglia del nostro egoismo è davvero alla portata di tutti.
Padre Nostro |
DECIMA STAZIONE
Gesù è spogliato delle vesti
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Una volta in piazza si condannavano i malfattori alla gogna. Ovverosia li si prendeva e – in alcuni casi dopo averli spogliati – li si sottoponeva al pubblico ludibrio. La gogna che subisce Gesù è molto più dolorosa perché, lo si spoglia e umilia, prima di ucciderlo.
Oggi, ringraziando il cielo, almeno dalle nostre parti questo tipo di gogna non esiste più, anche perché le piazze sono sempre più quasi deserte. Siamo troppo impegnati, presi da troppi impicci, per poter passare del tempo in piazza, quella reale che sta al centro del paese. Curiosamente però abbiamo trovato il tempo per frequentare un’altra piazza: quella virtuale. Lì si è riprodotta la gogna, quella mediatica. Lì le debolezze, gli errori, a volte solo presunti per non dire inventati, vengono pubblicati e spubblicati. Lì non esiste pudore nelle parole e negli atteggiamenti. Persone adulte con una nobile carriera alle spalle, padri e madri di famiglia, consacrati o consacrate, sui social si trasformano in piccoli centurioni intenti denudare i poveri malcapitati di turno.
E i ragazzi? Osservano, valutano e finiscono per imitare. C’è poi da dire che i social hanno creato un altro tipo di gogna: quella autoinflitta. Gente che si spoglia, non solo metaforicamente, pubblicamente rendendosi non di rado ridicola agli occhi degli altri e, purtroppo anche dei propri figli.
Ci domandiamo in questa piazza se non sia urgente recuperare il senso della vergogna che significa appunto vera-gogna. Recuperare il senso del pudore e del rispetto per se stessi e per gli altri.
Guardando a questo uomo crocifisso sorga nei nostri cuori il desiderio di non fare più agli altri e a se stessi tanto male.
Padre Nostro.
UNDICESIMA STAZIONE
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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È curioso che l’opera di Dio si compie in un uomo inchiodato mani e piedi. Uno che non può fare niente. Eppure, è lui stesso a dire che è compiuto. È imbarazzante questa cosa. Noi che siamo abituati a voler fare e dire cose per Dio, dinanzi al crocifisso, siamo un po’ smarriti. Dio non ci chiede di fare proprio niente. Semmai siamo noi a chiedergli nella preghiera del Padre Nostro che sia fatta la sua volontà. La cosa più difficile non è mai fare qualcosa per Dio, ma stare fermi davanti a Dio, lasciare che lui compia la sua opera in noi. Lasciarci crocifiggere, bloccare, mani e piedi.
Non è l’impegno che ci rende santi, ma il lasciare campo libero a Dio nella nostra storia, lasciare che il suo amore prevalga sulle nostre intenzioni, azioni e attività; lasciare che il suo amore, attraverso di noi, arrivi come una cascata sugli altri.
Tanti imprevisti, dolori, malattie, peccati nostri e degli altri spesso ci hanno bloccato, hanno fermato il nostro intento di fare qualcosa di buono e magari li abbiamo maledetti perché hanno impedito che le cose andassero secondo i nostri piani e, invece, erano solo le occasioni per fermarci affinché Dio facesse qualcosa.
Il crocifisso ci ricorda sempre che sì, è vero che noi siamo chiamati a collaborare con Dio, ma la cosa più importante rimane sempre ciò che Dio ha da fare per noi. Eppure, come Pietro, lottiamo sempre con il Signore e con la sua iniziativa. Come Pietro diciamo: Signore, tu lavi i piedi a me? Li lavo io a te. E come a Pietro, anche noi ci sentiamo dire: Se non lavo io i piedi a te, tu non entri nel regno dei cieli.
Ave Maria
DODICESIMA STAZIONE
Gesù muore sulla Croce
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Adoriamo in silenzio e, chi può, in ginocchio il signore Gesù morto per noi.
Meditiamo
Una volta chiesi a dei ragazzi: Se tu fossi Dio cosa faresti per risolvere i problemi del mondo? Mi risposero chi che avrebbe ucciso i cattivi, chi che avrebbe eliminato tutte le malattie, chi che avrebbe dato punizioni esemplari. A ben vedere queste sono le soluzioni che abbiamo tutti nel cuore e sono le soluzioni dei potenti di questo mondo.
Dice il Vangelo che il centurione riconosce il figlio di Dio da come muore. Quel centurione aveva assistito alla morte di tanti uomini e tutti morivano bestemmiando, gridando, maledicendo. Questo nazareno, invece, muore in un altro modo: pregando, perdonando e donando tutto se stesso, anche sua madre.
Ecco … questo centurione vede un amore così grande e riconosce che non è umano, ma divino. La soluzione al male del mondo non è mai la violenza, ma l’amore. L’amore, infatti, è l’unico capace di toccare e cambiare il cuore di una persona, perché l’amore viene da Dio. Per questo noi cristiani abbiamo una chiamata di capitale importanza: lasciare che in noi compaia l’amore di Dio.
Quando in un uomo è apparso l’amore di Dio tanti problemi si sono risolti, tanti cattivi si sono ammorbiditi, tanti violenti si sono ammansuetiti: pensiamo a francesco di Assisi con il sultano mussulmano; a francesco di Paola con il Re di Francia; Giovanni Paolo II con gli imperi sovietici.
La soluzione di Dio è sempre la stessa: mostrare al mondo un’alternativa al male. Questa alternativa Dio ce l’ha mostrata in Gesù Cristo e vuole continuare a mostrarla attraverso ciascuno di noi. Forse tutto si può compendiare con una domanda: tu vuoi essere con Cristo l’alternativa o uno come gli altri?
TREDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto dalla Croce
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
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Meditiamo
Morto Gesù c’è da raccogliere quel che resta: il suo corpo. Quello che in realtà sembrerebbe un atto di grande tristezza è diventato l’emblema del nostro essere credenti: accogliere in noi il corpo di Cristo. Per questo – benchè fatichiamo a capirlo – non si può essere credenti non praticanti, tantomeno praticanti non credenti. Chi crede accoglie il corpo di Cristo e lo accoglie nell’eucarestia e nei fratelli, certamente le due cose non si possono separare.
Accogliere il corpo di una persona significa accoglierne la sua vita, il suo pensiero, il suo insegnamento. La nostra fede, infatti, non è una dottrina morale, ma una relazione con una persona fatta di corpo, anima e spirito: Gesù Cristo.
Essere credenti significa accogliere Gesù come un amico con il quale desidero passare tempo, parlare, ascoltarlo, accogliere i suoi inviti.
Accogliere il suo corpo … in fondo Gesù chiede quello che chiediamo noi ai nostri figli, genitori, amici, sposi, parroci: che qualcuno ci accolga, ci prenda sul serio, ci voglia bene, ci ascolti, ci riconosca. Dio non chiede una cieca obbedienza a pratiche e riti, ma una relazione viva fatta anche di incomprensioni, contestazioni, gioie e dolori. Dunque, non una sottomissione, ma un rapporto vivo!
Accogliere un corpo significa iniziare una relazione. Ed è questo il paradosso della Pasqua: mentre accolgo il corpo di uno che sembra morto in realtà scopro che è vivo e mi dà vita.
Padre Nostro
QUATTORDICESIMA STAZIONE
Gesù è deposto nel sepolcro
V. Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo. |
Dal Vangelo secondo Marco. 15, 46-47 |
Lo spettacolo è terminato. Il condannato è morto. L’amore è consumato. Rimane un corpo da seppellire, da nascondere perché è un segno di fallimento. Quel corpo che chiedeva accoglienza viene tumulato. Un po’ come quando uno ha una cicatrice la si nasconde perché brutta da guardare. Un po’ come facciamo con i nostri errori che tendiamo a nascondere. E così terminiamo questo nostro itinerario in Chiesa che è diventato di nuovo il luogo in cui il corpo di Cristo si nasconde, si conserva nel tabernacolo.
Eppure, è curioso che questo corpo che doveva essere nascosto, dopo qualche giorno verrà fuori con una forza incontenibile, come è incontenibile l’amore di Dio per ciascuno di noi. È questo il miracolo della Pasqua che si rinnova ogni giorno nell’eucarestia: quel corpo che viene conservato nel tabernacolo esce fuori, si rende visibile, in coloro che lo accolgono. Cristo è visibile anche a Marcellina in tante persone che accolgono e amano Cristo con gioia e anche nella malattia: penso a te Grazioso le cui giornate dalle 6 del mattino alle 20 della sera sono scandite dalla preghiera e dalla certezza che quel tuo figlio che ha interrotto la sua vita sta tra le braccia del Padre; penso a te Giannino che mi ripeti ogni volta che, anche se sei inchiodato al tuo letto proprio come un crocifisso, non ti senti né triste né disperato perché Dio abita nel tuo cuore; penso all’inspiegabile sorriso con il quale Alessandra ed Emanuela mi accolgono quando le porto la comunione, anche se vivono il dramma di una malattia pesante; e ancora penso a Filomena che trafitta da dolori e fatiche non smette di ripetermi: sono nelle mani di Dio e sto apposto così; oppure alla calma e la pace della Signora Italia che, pur se anziana e con un filo di voce, si confessa con precisione e commozione ogni volta prima di ricevere l’eucarestia.
È proprio vero che il Venerdì Santo non è mai l’ultima parola e quel corpo martoriato dalla sofferenza che viene sepolto non può rimanere nascosto, ma attende di rivelarsi nella carne di ciascuno di noi, perché ciascuno di noi ha il desiderio e l’esigenza di incontrare Cristo non solo nelle parole e nei sacramenti, ma anche nella carne dei fratelli. Padre Nostro
Preghiamo
Signore Gesù Cristo, abbiamo contemplato il mistero della tua Passione e del tuo infinito amore per noi, concedi che siano impresse nei nostro cuori, nelle nostre menti e nei nostri corpi i segni del tuo amore perché possiamo divenire per i nostri fratelli un segno della tua presenza nel mondo che incoraggia ogni uomo a non perdersi d’animo nel cammino di ritorno a casa dove il Padre ci attende.
Tu sei Dio e vivi e regni con Dio Padre nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.