venerdì 24 novembre 2017

ESCLUSIONE DAI MONDIALI: QUESTIONE DI VISIONE?

Dopo la clamorosa esclusione della nazionale italiana dai tornei mondiali di calcio, la televisione, come i giornali ed i siti internet, non di meno le bacheche facebook, sono stati letteralmente intasati da opinioni, giudizi e riflessioni che avevano come comune base una sola domanda: com’è possibile?

Questa domanda mi ha offerto una preziosa occasione per riflettere. Da non esperto quale sono, guardando le partite dell’Italia, è chiaramente emerso che tra i giocatori, e in particolar modo tra i giocatori e l’allenatore, non ci fosse grande feeling. Prova di ciò è il sorprendente rifiuto di De Rossi che, alla chiamata dei tecnici per entrare in campo, ha opposto un fermo rifiuto.

Una squadra in queste condizioni evidentemente non può dirsi squadra e per questo la fine, fatta dall’Italia, credo sia quella più naturale. Ci vuole una visione comune, una collaborazione.

Ma … consentitemi una domanda: cos’è una visione comune?

Di tanto in tanto sono preso dal forte dubbio che, chi parla di visione comune, abbia in cuore la pretesa di far diventare la propria idea comune, cioè accettata da tutti.

Quando si verifica questo fraintendimento cosa succede? Che questi uomini, amanti della visione comune e della collaborazione, diventano i “savonarola” di turno.

La cosa tragi-comica? Sotto la loro ghigliottina passano indistintamente tutti, anche coloro i quali fino al giorno prima erano i compagni (o gli schiavi da sfruttare) di lavoro. Salvo che questi non tornino ad essere utili: in quel caso la clemenza del Savonarola avrebbe la meglio dinnanzi alla “conversione” del dannato.

Generalmente poi questi tali sono riconoscibili da un altro elemento: si circondano di tre o quattro amici di merenda che, o per opportunismo, o per ignoranza, o perché si illudono in buona fede, condividono l’idea proposta.

La visione comune, al contrario, ha invece delle caratteristiche che non possono essere escluse:

1.     La centralità del bene comune che non ammette personalismi o presenzialismi di sorta;
2.     L’umiltà che permette una sana collaborazione utile a far sì che la visione comune sia composta dalle idee di tutti;
3.     La coerenza che non consente di abbandonare i compagni di strada quando questi non sono più convenienti.

C’è un solo problema: una vera visione comune, un vero collaborare, è molto più impegnativo, non guadagna facili “mi piace” e spesso richiede di rimetterci di persona.

Per questo nel circo del qualunquismo è più facile far passare la propria visione, il proprio modo di vedere le cose, come “visione comune”


Così l’eliminazione dell’Italia dai mondiali forse diventa per noi davvero un’occasione di crescita: non basta dare ordini, sparare sentenze, apparire con un bel look, per formare una squadra. Serve un buon cuore ed un ottima testa.




lunedì 20 novembre 2017

Vivi sempre ogni istante - Elisa

Rubrica Musicale

Cercare un'altra via nell'anima e vivere ogni istante sono le frasi che, dopo aver ascoltato questa canzone, sono rimaste nelle mia mente quasi a simboleggiare delle regole di vita a cui non si può venire meno se si vuole ricominciare ad affrontare i lati oscuri del nostro vivere.
Quanto tempo perdiamo a fare i conti con le cose che non vanno? Con le situazioni difficili che non riusciamo ad accettare? Quante volte ci chiediamo il perché alcune cose siano successe proprio a noi e quante volte non riusciamo a trovare risposta? 
È questo il significato di non riuscire ad andare oltre, le giornate passano e la nostra mente è sempre lì, ferma a quel momento in cui gli schemi del nostro Io sono mutati, non ci siamo ritrovati più, non ci siamo riconosciuti, siamo dovuti crescere, cambiare e anche se i cambiamenti sono sempre positivi, la bellezza di questi la riconosciamo molto tempo dopo,quando finalmente troviamo un'altra via nell'anima. È a questo che servono gli ostacoli: a non rimanere in superficie dove tutto sembra perfetto ma a scavare dentro e a rimanere imbrigliati in quei nodi così difficili da sciogliere da farci sentire dei falliti, incapaci, diversi, imperfetti, sfortunati. Ci illudiamo di non essere dei miracoli quando invece il miracolo lo abbiamo dentro, dobbiamo solo lavorare su noi stessi per comprenderlo e farne tesoro. Non c'è un tempo determinato per trovare questa nuova via di luce, potremmo impiegare tutta la nostra vita a cercarla, e facendo ciò avremmo già buoni risultati: il più delle volte è più bello il cammino verso qualcosa che l'arrivo, vista la straordinarietà delle emozioni che si vivono nel camminare. Quando saremo di fronte alla verità, quando riusciremo a voltare finalmente pagina, lo capiremo perché saremo capaci di vivere ogni istante con la voglia di “consumare”, “far bruciare” e “far smuovere” il dono che abitava in noi, il nostro talento, quello per cui siamo chiamati a vivere e non riusciremo più a tenerlo rinchiuso perché la gioia nel condividerlo sarà più grande di ogni altra cosa.



E così, scegliere 
che ci sia luce nel disordine, 

é un racconto oltre le pagine 
spingersi al limite, 
non pensare sia impossibile 
camminare sulle immagini e sentirci un po' piú liberi 
se si può tremare e perdersi 
è per cercare un’altra via nell’anima, 
strada che si illumina, 
la paura che si sgretola, 
perché adesso sai la verità: 
questa vita tu vuoi viverla 
vuoi viverla 

E così, sorridere 
a quello che non sai comprendere 
perché il mondo può anche illuderci 
che non siamo dei miracoli 
e se ci sentiamo fragili 
è per cercare un’altra via nell’anima, 
strada che si illumina, 
e la paura che si sgretola, 
perché adesso sai la verità: 
questa vita tu vuoi viverla 
vuoi viverla 

E vivi sempre 
Ogni istante 
Vivi sempre 
Ogni istante 
Ogni istante 
Vivi sempre, ogni istante 
Vivi sempre, ogni istante 
Vivi sempre, ogni istante 
Vivi sempre, ogni istante 
Trovare un’altra via nell’anima, 
strada che s'illumina, 
e la paura che si sgretola, 
perché adesso sai la verità: 
questa vita tu vuoi viverla 

Vivi sempre, ogni istante 
Vivi sempre, ogni istante 
Vivi sempre, ogni istante 
Vivi sempre, ogni istante 
Vivi sempre!



sabato 18 novembre 2017

NOI NON SIAMO COME LORO (?) (Sulla morte di Totò Riina)

Rubrica di Attualità: Pensare fuori dalle righe.




“Noi non siamo come loro”. E’ la celebre frase che Borsellino ripeteva e si ripeteva proprio in riferimento a chi, come Totò Riina, aveva fatto della violenza e della morte uno stile di vita.
Proprio a partire da queste parole penso che, se  Falcone e Borsellino oggi fossero vivi, ci stupirebbero ancora una volta, magari con poche parole, ma incisive, come erano soliti fare.

Dinnanzi alla serie di commenti festosi e gioiosi espressi poche ore dopo la diffusione della notizia della morte di Riina, loro magari avrebbero commentato con una frase simile: “nella morte di un uomo non c’è nulla da festeggiare. Anche perché la morte di quest’uomo non vuol dire la morte di quel cancro che egli ha contribuito a far crescere”.

Forse avrebbero risposto così … io ne sono sicuro, ma ammetto una possibilità di errore.
Sono tanti i pensieri che mi frullano in testa da ieri e tra questi ritorna con una certa prepotenza questa frase: “io non sono come loro”.

Mi scuserete, ma non riesco a fare festa, come ho gioito per l’arresto di Provenzano (all’epoca dell’arresto di Riina ero troppo piccolo per capire cosa stesse succedendo) e di altri. No, non ci riesco proprio. E non riesco neppure a dire: “spero che Dio gliele faccia pagare tutte”. Non riesco da uomo e ancor di più da cristiano e da diacono. Avrei festeggiato se si fosse convertito, se avesse collaborato, se avesse rinnegato il male che ha fatto, ma per la sua morte non c’è nulla di cui festeggiare.

Piuttosto nel mio cuore trovo soltanto sentimenti di tristezza. Tristezza per lo spreco di una vita, anzitutto, come ha ben sottolineato Padre Maurizio Petricello. Tristezza per il tanto male che quest’uomo ha fatto a tante persone, che non PUO’ e non DEVE essere dimenticato; per il male che ha fatto a se stesso ed alla sua famiglia.

Quasi mi sento un alieno leggendo le molte parole SPRECATE da tanti, anche “cattoliconi”.

Ben inteso qui non si tratta di perdono, pietà, compassione (e anche qui ci sarebbe tanto da dire), ma davvero di essere “diversi”. Quando morirono Falcone e Borsellino, Riina festeggiò. Io non sono come loro per cui oggi non ho nulla da festeggiare.

Vi sembrerà strano, forse anche assurdo, ma io ieri ho pregato per Riina. Ho pregato per la Sua anima, ho pregato per i suoi familiari e per tutti coloro con i quali egli sparse tanto male. Per lui ho chiesto il dono di quella Misericordia che forse umanamente non oserei neppure sperare; per i familiari ho chiesto il dono della consolazione e per i suoi “colleghi” il dono della conversione.

Si, ieri ho pregato per loro, come continuo a pregare per tutte quelle persone che anche nella nostra bella Calabria continuano a diffondere questo male chiamato ‘Ndrangheta.
A molti ben pensanti sembrerà strano, ma io sono ORGOGLIOSO di non essere come loro. Non solo perché non compio le loro azioni, ma anche perché il loro modo di pensare e di vivere non mi appartiene e tra questi c’è anche il “gioire per la morte”.

Più che una giornata di festa dovrebbe essere una giornata di riflessione per mettere in discussione la nostra vita, per farci capire che ogni uomo ha un limite che non può sorpassare con le sue proprie forze: la morte.
Come ha scritto Giulio cavalli, “la ferocia contro Riina non ci renderà migliori”, tanto più se da domani continueremo a chiedere raccomandazioni e favori; se continueremo a vivere nella logica del compromesso e dell’arrivismo; se continueremo a volgere il nostro sguardo dall’altro lato quando il male dilaga.

A voi sembrerà strano, ma io ieri ho pregato per lui e per quanti ancora, essendo ancora vivi, continuano a fare ciò che lui ormai non può fare più. Ho pregato e continua a pregare per i miei compaesani in carcere, per le loro famiglie.
A voi sembrerà strano, come fu quando un tizio ebbe a dire queste parole: "Avete inteso che fu detto: amerai il prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? non fanno così anche i paganti? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,43-48).
A voi sembrerà strano, ma “io non sono come loro”.