mercoledì 29 settembre 2021

SALUTO ALLA COMUNITÀ DI BELVEDERE

Considerato che le norme anti-covid non hanno permesso a molti di partecipare alla celebrazione eucaristica, volentieri condivido il discorso di saluto e ringraziamento alla comunità.


Al termine di questa celebrazione eucaristica vorrei esprimere qualche parola di saluto e di ringraziamento. 

 

Ho tanto per cui ringraziare il Signore. In questi quattro anni mi ha donato tanta grazia, tanta misericordia, tante benedizioni attraverso altrettanti volti e parole. 

 

Anzitutto mediante i confratelli dell’unità pastorale: fin da appena giunto ho potuto sperimentare un clima di sincero affetto e simpatia. Con loro, in questi anni, ho potuto sviluppare un confronto fruttuoso che si è rivelato pressoché fondamentale per un giovane prete che muove i primi passi nella vita pastorale. Per questo voglio ringraziarli di vero cuore; anche se impossibilitati ad essere presenti fisicamente, lo sono certamente con il cuore e con la preghiera.

Ringrazio padre Gianluca per la piacevolissima sorpresa. Dobbiamo fargli gli auguri: lo hanno nominato superiore! 

Evidentemente un grazie speciale lo rivolgo a don Giovanni. Ho espresso più volte, pubblicamente e privatamente, l’affetto che provo nei suoi confronti e tuttavia il ringraziamento che voglio rivolgergli questa sera va ben oltre l’affetto che rimane nella sua autenticità nel profondo dei nostri cuori.

 

Il grazie che esprimo oggi è per come ha impostato, fin da subito, il nostro rapporto “pastorale”. Non mi sono sentito, neppure per un minuto, un esecutore di ordini o un semplice celebratore di messe. Ha voluto, infatti, che entrassi attivamente nella vita comunitaria dandomi la possibilità di sperimentarmi, di mettermi alla prova, senza temere la mia inesperienza. 

 

E così in quattro anni ha voluto che proponessi la catechesi degli adulti, che accompagnassi il gruppo giovani di Azione Cattolica; d’accordo con il delegato diocesano, ha promosso l’idea che fossi assistente spirituale della Confraternita della Madonna delle Grazie per avviare la revisione dello statuto, ha lasciato che gestissi il gruppo Caritas, nato nel periodo della Pandemia, con il relativo fondo scaturito dalle vostre generose offerte, e ancora il catechismo nella forma ragazzi-adulti che abbiamo felicemente sperimentato lo scorso anno.

 

Senza la sua disponibilità, la sua fiducia ed il suo incoraggiamento questi quattro anni a Belvedere sarebbero stati molto più poveri di come, invece, adesso li guardo e li benedico. 

 

Sento di ringraziarlo anche per aver avuto pazienza con la mia giovane età, con i miei tanti entusiasmi, tal volta privi di prudenza e di pazienza. Ma ancor di più lo ringrazio per l’esempio di umiltà che mi ha consegnato: sempre prima di fare qualcosa ha voluto sentire il mio parere e diverse volte, in base a quanto dicevo, ha rimesso in discussioni anche il suo punto di vista. Questo atteggiamento, non solo mi è stato di esempio, ma lo custodisco in modo prezioso nel mio cuore, nella consapevolezza che non è usuale trovare in un adulto tale disposizione verso un ragazzo di molto più giovane ed inesperto. Sono sicuro, caro don Giovanni, che il Signore vi ricompenserà abbondantemente!

 

Penso che nessuno si offenderà se dico che la più bella opera pastorale che ho imparato a vivere in questi anni è stata la collaborazione sacerdotale. Tante volte, purtroppo, proprio noi preti mostriamo un presbiterio diviso, invece, qui ho sperimentato la gioia della fraternità, non senza diversità o incomprensioni, ma sempre nella verità e nella misericordia. 

 

Dovrei adesso ringraziare tutte le realtà parrocchiali: il diacono e ministri straordinari, il gruppo liturgico, l’azione cattolica, la caritas, le confraternite, il coro, i catechisti, il gruppo adulti della catechesi … capite che non ne usciremmo più e sicuramente finirei per dimenticare qualcuno.

 

Ringrazio allora di vero cuore tutti quanti: ognuno di voi ha portato nel mio cuore un valore aggiunto. Vi ringrazio singolarmente e comunitariamente per quanto mi avete testimoniato. In modo particolare per tre aspetti:

 

1.     In primo luogo, come ho scritto nell’annuncio del mio trasferimento, per “la voglia della Parola di Dio” che ho trovato in questa comunità. Quando arrivai 4 anni fa, in una omelia, dissi: “dai preti tante volte si viene per cose inutili. A noi preti, invece, dovreste chiedere tempo per le cose più profonde, più importanti, per la vita spirituale! Per questo dovreste toglierci il sonno!” Non pensavo che queste parole potessero essere accolte così profondamente. La maggior parte del mio tempo qui in mezzo a voi l’ho passato seduto ad una sedia ad ascoltare confessioni e colloqui. E ogni volta sono stato spettatore di quanta grazia Dio opera nei cuori di chi sinceramente si dispone a cercarlo. Grazie per avermi fatto entrare nelle vostre storie di sofferenza, di speranza, di gioia e di conversione. 

 

2.     In secondo luogo, vi ringrazio per la generosità. Per la generosità che avete usato nei miei confronti. Non c’è stato un momento che non mi sia sentito a casa. Mi bastava dire “a” e subito qualcuno era a disposizione. Non mi è mai mancato niente. Ne è prova il fatto che – anche se lo nascondo bene - parto da Belvedere ingrassato, ed è quanto dire! Ma vorrei anche ringraziarvi per la testimonianza di generosità verso i bisogni della comunità di cui sono stato testimone, attraverso il gruppo della caritas. Con le vostre offerte assistiamo numerose famiglie della nostra comunità, abbiamo accolto la bontà delle ACLI che hanno messo a nostra disposizione la loro convenzione con il banco alimentare, abbiamo rimesso in moto il pulmino parrocchiale utile per fare il carico e la distribuzione degli alimenti e abbiamo sopperito ad altre esigenze di alcuni bisognosi. Grazie! Se è vero che Dio ama chi dona con gioia, questa comunità credo sia tanto amata da Dio.

 

3.     In terzo luogo - Non bisogna negarlo - ci sono stati i momenti in cui alcuni atteggiamenti o situazioni hanno reso la quotidianità meno leggera, eppure sento di volervi ringraziare anche per questo: in quelle situazioni ho compreso più a fondo quanto io ancora abbia bisogno di convertirmi; ho capito che per essere un buon padre bisogna imparare ad amare anche le pieghe meno belle dei figli che il Signore ci affida, senza troppo infastidirsi o arrabbiarsi. Vi ringrazio anche perché è lì che ho capito che con me siete stati veri, nel bene e nel male, con i vostri pregi e difetti. Dove questa verità non si è nascosta alla fine ci siamo ritrovati più maturi e ricchi. 

 

 

Credo che rimanga ancora una parola doverosa: una parola di scuse. Avete avuto tanta pazienza anche con i miei difetti, con la mia schiettezza a volte troppo diretta (e il troppo storpia, sempre!), con la mia “inafferrabilità”, non poche volte qualcuno mi ha detto: “corri sempre”; ma anche con la mia apparente freddezza che spesso non fa trasparire le emozioni più profonde e nascoste nel fondo del cuore. 

 

Se qualcuno ho ferito o trattato male chiedo sinceramente perdono, ma sappia anche che non è mai stato fatto con cattiveria, parzialità o altro. Sono semplicemente un ragazzino e devo crescere ancora molto.

 

Alla fine … parto per Marcellina carico di tanti volti ed esperienze. Qui ho vissuto il periodo drammatico del primo lockdown. Come potrò dimenticarlo?


Che altro mi porto? Una pietra … qualcuno mi ha chiesto: “Don Giuseppe, quella pietra davanti casa tua che ci fa?”

 

Non ho mai capito il perché, ma una notte qualcuno ha voluto intimidirmi lanciando diverse robuste pietre contro la porta della mia abitazione. Ringrazio di godere di sonno profondo così ho evitato almeno la paura del momento. Al mattino dopo quando le stavo raccogliendo, mi è venuta in mente un suggerimento: “lasciala davanti alla porta; entrando e uscendo, ti ricorderai che, facendo il prete, potrai rischiare antipatia e violenza”. E così quella pietra, ad ogni ora del giorno, mi ha ricordato la serietà dell’amore. Era un po’ come se mi ripetesse: “se vuoi amare questa comunità devi rischiarti tutto”. Quella pietra la porto con me a Marcellina e sarà un po’ la vostra voce quando le cose sembreranno un po’ dure; mi ricorderò che nella durezza di quella pietra lanciata contro la porta, sono fioriti comunque tanti bei rapporti di amicizia e simpatia.

 

A voi cosa lascio? Il mio affetto, la mia preghiera e che altro? Il gatto – Pino – trattatemelo bene! 

 

Posso dire ancora questo: in questi quattro anni ci siamo “addomesticati reciprocamente” – sapete addomesticare letteralmente vuol dire “portare a casa” – ci siamo portati reciprocamente ognuno nella casa del cuore dell’altro, e, proprio per questo, forse, questa sera è segnata un po’ dal dispiacere. 

 

E tuttavia Ringraziamo insieme Dio perché è Lui che realmente ci sta addomesticando, cioè ci sta portando, giorno dopo giorno, nella casa Sua.

 

Un’ultima parola voglio dirla su alcune frasi che ho sentito in questi giorni. Frasi del tipo: “ora che va via don Giuseppe non vengo più in Chiesa”; frasi che – lo ammetto – un po’ mi hanno fatto soffrire.

 

Sapete quand’è che si vede se un prete ha lavorato bene? Quando se ne va. Se la gente non si allontana dalla parrocchia, ma rimane con più entusiasmo, vuol dire che quel prete ha lavorato bene. Altrimenti vuol dire che ha legato le persone a sé stesso. Ecco … spero che da domani in poi possa vedersi che qualcosa di buono sono riuscito a trasmetterla.

 

Alla fine, Mi piace concludere con le parole che Paolo scrive alla comunità dei Filippesi: 

 

Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi.La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti;e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. (Fil 4,4-7)

 

 Il Signore vi ricompensi di tutto il bene che mi avete abbondantemente e gratuitamente donato! Grazie!





Don Giuseppe Fazio