venerdì 30 aprile 2021

SEGUI LA TUA VITA

 

RUBRICA DI LETTERATURA



"Sulle spalle dei giganti"



“La vita funziona se obbedisce ai suoi ritmi. [...] 

Non si può ricostruire la vita senza accettare che per se stessa chieda di essere rispettata come qualcosa che ha il suo ritmo interno, che non può essere inventato, che deve essere accettato. 

(Fabio Rosini, L’arte di ricominciare, 81-82)




Vi siete accorti di come la nostra vita sia scandita da tempi ben precisi?

Mi riferisco innanzitutto ai tempi della società: un progetto che va portato a termine entro la fine del mese per non perdere il lavoro, gli esami che bisogna dare entro la fine della sessione per non perdere l'anno, il numero di persone che si devono frequentare per non essere definiti degli asociali e tutti i traguardi che si devono raggiungere- casa, macchina, famiglia, viaggi, soldi, esperienze, carriera- entro una certa età perché la propria vita non venga considerata un fallimento.

Se ci guardiamo intorno lo vediamo chiaramente: la società ci vuole scattanti, frenetici ed anche euforici per una vita alla rincorsa e iperstimolante.


Poi ci sono i nostri di tempi, che finiscono quasi sempre per combaciare con quelli serrati della società in cui siamo immersi: mi riferisco, ad esempio, ai tempi che ci diamo dopo la fine di una relazione per stare male e poi riuscire velocemente a riprenderci, a quelli che ci diamo per trovare un buon lavoro o anche solo per fare tutto ciò che avevamo prestabilito entro la fine della giornata.


La società ci dà delle scadenze, noi stessi ci diamo delle scadenze e sulla base di queste non facciamo altro che programmare la nostra vita, senza voler accettare in nessun modo l'esistenza di un altro ritmo, il più importante, quello che riconosciamo solo quando tutti gli altri strumenti smettono di suonare, mi riferisco al ritmo della vita stessa, che non segue le nostre logiche né quelle della realtà in cui viviamo e che non chiede "scusa, posso?" ogni volta che manda all'aria i nostri piani e ci rimescola le carte.


Cosa succede, allora, quando ciò accade? Quando, nonostante tutti gli sforzi, siamo costretti a riprogrammare e riprogrammarci per ciò che, inaspettatamente, la nostra stessa vita ci mette di fronte? Ecco, possiamo dire che succede come in un videogioco. Avete presente quando, in quei videogiochi a livelli, ti trovi al livello più difficile con una sola possibilità e poi, proprio mentre sei preso dall'euforia per una vittoria quasi certa, perdi inesorabilmente? Il gioco ti riporta al primo livello, ti chiede di ricominciare, ma tu sei sbigottito e, preso dalla rabbia e dallo sfinimento, ti alzi di scatto e spegni tutto. 


Credo sia proprio così che ci comportiamo quando la vita sembra sfuggirci di mano, quando ci impone i suoi ritmi e ci chiede a volte di ricominciare mentre noi stavamo già correndo al livello successivo: rimaniamo increduli, vorremmo soltanto chiudere tutto ma non possiamo perché questa è la realtà, senza schermi con pulsante di spegnimento, e allora ci rimane la rabbia, la frustrazione, il senso di smarrimento, come se la nostra vita avesse senso solo se segue le nostre direttive, solo se va nella direzione che abbiamo deciso noi, nei luoghi e con le persone e le caratteristiche che noi avevamo già prestabilito. Nel momento in cui la vita segue i suoi meccanismi a noi sembra soltanto che abbia smesso di funzionare. Accettiamo i ritmi estenuanti della nostra quotidianità presi dal delirio di onnipotenza e poi ci sentiamo sconfitti non appena la vita ci chiede, anzi, ci impone di fermarci o di camminare in un'altra direzione. 


Ma, anche quando non c'è nessuno a motivarci e non troviamo alcuno stimolo in ciò che abbiamo intorno, dovremmo ormai saperlo che possiamo farcela, perché ce l'abbiamo fatta mille volte, dovremmo ormai saperlo che, come siamo capaci di afferrare e rimanere aggrappati, siamo capaci anche di lasciar andare, di farci trasportare, che come siamo bravi a costruire lo siamo anche a ricostruire quando ciò che avevamo è stato distrutto perché, se sommiamo gli anni e le situazioni vissute e i periodi interminabili che poi alla fine sono terminati, non possiamo che constatare come in realtà noi non siamo mai davvero distrutti perché la vita non si può autodistruggere, la vita si ricrea e si reinventa costantemente, in un movimento ripetitivo anche se in modo mai uguale perché neanche noi siamo mai uguali a prima ma siamo capaci, sempre. 


In un mondo che ci chiede continuamente di dare  o raggiungere qualcosa e ci fa sentire inutili quando non riusciamo a farlo, la vita, nel suo imporsi, ci chiede soltanto di accettare la nostra inutilità e proprio da lì ripartire, di mettere in pausa il nostro delirio di onnipotenza e di danzare al suo ritmo anziché correre dietro ai nostri stessi ritmi e a quelli di chiunque altro.





Ramo di Seta

(Per eventuali messaggi potete scrivere a gfazio92@gmail.com)











mercoledì 21 aprile 2021

OCCHIO E MALOCCHIO: VERITÀ O SUPERSTIZIONE?

  



 

È un argomento di cui si parla poco e male. C’è chi liquida la questione semplicemente dicendo che si tratti di superstizioni, retaggi medievali e chi, invece, vede il male ovunque.

 

Eppure, nonostante la nostra tecnologia, il grado di cultura media elevato, l’ateismo e l’anticlericalismo pare che la consultazione di maghi, fattucchieri, medium e cartomanti sia in costante aumento. La motivazione è sempre la stessa: “Mi hanno fatto qualcosa … non è possibile che mi vada sempre tutto storto”. 

 

Vale la pena precisare che spesso molte parabole esistenziali siano costellate da fallimenti perché prive di discernimento, attaccate al superficiale e con ideali bassi e in partenza orientati a grandi sofferenze. In questo caso, al più, si potrebbe parlare di azione ordinaria del demonio, ma non certo di maledizioni, possessioni o roba del genere che comunque rimane abbastanza rara.

 

Fatta questa premessa, dunque, vorrei esporre qualche riflessione dovuta alle ricorrenti domande che mi sono state poste nelle ultime settimane. Mi è sembrato, infatti, che ci sia tanta colpevole ignoranza (e la colpa è di noi preti). 

 

Contrariamente a quanto affermato, è possibile che realmente qualcuno possa patire un’influenza maligna straordinaria. Il male esiste. C’è poco da fare. Se togliamo il demonio dai vangeli, togliamo una buona parte di tutto l’insegnamento di Gesù. Nel nostro cuore esiste una radice di male che spesso noi stessi non riusciamo a spiegarci e che chiamiamo “tentazione” dicendo, quindi, che c’è una forza esteriore che agisce sulle nostre intenzioni. Possono verificarsi della situazioni in cui le forze esercitate sulla nostra vita superino l’ordinarietà per cui si parla di opera “straordinaria del demonio”. Roba che viene tecnicamente chiamata possessione, ossessione, vessazione o infestazione (sono fenomeni distinti che qui non abbiamo lo spazio di trattare approfonditamente).

 

Dinanzi a questa esperienza quali sono le soluzioni più praticate?

 

1.     Lo sfascino, l’occhiatura: molti, soprattutto nel sud Italia, si rivolgono alla nonna, alla zia, all’anziana del paese per farsi togliere il “malocchio”. La sorpresa? Funziona. Si sentono tanti dire: “Mi faceva male la testa e mi è passato”.

 

2.     I maghi: fa impressione sapere quanti maghi esistano nel proprio territorio. Capace che a breve avremo più maghi che preti. È, infatti, una professione che frutta fior di quattrini. Molta gente custodisce in casa ampolline, pietre di sale, sacchetti ripieni, forse a loro insaputa, di ossa di morti, sale e chissà quale altro intruglio. Tanti altri su consiglio di questi maghi assumono gocce o pasticche presentate come medicinali fuori dal commercio e altro ancora. Anche in questi casi spesso si dice: “Il problema me l’ha risolto. E conosceva in anticipo la mia situazione”. 

 

In entrambi i casi la questione può avere una duplice lettura:

 

1.     Avere a che fare con un impostore: uno che fa queste cose per soldi. Quindi l’unico rischio che corri è quello di essere frodato. Tutti quanti ricorderanno il processo alla famosa Wanna Marchi.

 

2.     In tanti altri casi, invece, potresti incappare in un operatore dell’occulto. Non bisogna, però, correre. Soprattutto nei nostri paesi molti anziani praticano questi riti per “ignoranza”. Da piccoli sono stati abituati a pensare che queste cose siano pratiche di preghiere. In effetti formalmente molti riti contro il malocchio prevedono la recita di preghiere (ave maria, padre nostro, etc …). E allora? Beh ... il problema è che se fossero semplici preghiere non ci sarebbe bisogno di persone speciali che abbiano imparato queste preghiere nel segreto, in una notte specifica (spesso la notte di natale o dei morti) e che non possa rivelare queste formule, pena la perdita del potere. Le cose di Dio sono sempre pubbliche. Certo si può dare il caso in cui solo alcuni siano autorizzati a compiere determinati riti (vedi la confessione o la celebrazione eucaristica), ma il rito è sempre pubblico e ben accessibile a tutti.                                     
Potresti domandarmi: sì, ma perché funzionano? Proverò a rispondere a questa ipotetica obiezione con un esempio. Se hai mal di stomaco perché hai un principio di tumore e prendi un antidolorifico all’inizio il dolore viene eliminato, ma il male ti rimane dentro. Chiedere ad un operatore dell’occulto di togliere il male è come prendere l’anestesia. Non si chiede al maligno di risolvere i problemi che lui stesso va causando. Dietro molti di questi personaggi, infatti, si trovano sette sataniche, riti satanici compiuti con sangue mestruato, ossa di morti e altre schifezze di vario genere.

 

E allora … ci sono altri rimedi?

 

Certamente! Noi abbiamo un’infinità di rimedi: la preghiera, le benedizioni (molte le possono dare anche i laici), la partecipazione attiva ai sacramenti. Tutte queste cose, come ricordano tanti esorcisti, sono i più efficaci rimedi contro il male perché chi rimane attaccato a Dio non può subire alcun male spirituale.

 

Prima di concludere queste battute vorrei dare un ultimo consiglio: se ti sei rivolto a maghi, fattucchieri, indovini o roba del genere e sei credente, vai da un prete. Consegna a lui tutto il materiale che hai ricevuto perché lo distrugga nel modo opportuno. Chiedi di fare una buona confessione e ascolta i suoi consigli. 

 

Alcuni, purtroppo, riferiscono: “sono stato dal mio parroco, ma mi ha liquidato superficialmente”. In questo caso sei autorizzato ad andare da un altro sacerdote. È vero, infatti, che molti casi segnalati in effetti sono semplicemente fissazioni, problemi psichici e che quindi richiedono l’intervento di un medico, ma l’ascolto serio, attento e misericordioso non si deve negare a nessuno.

 

Un’ultima nota vale precisare in conclusione: il male non è mai più grande del bene e per questo non bisogna fissarsi, come molti purtroppo fanno trattando la religione come una magia, un amuleto o un portafortuna. Non ci si attacca al bene, quindi a Dio, per paura del male. 

 

 

 

Don Giuseppe Fazio

gfazio92@gmail.com











 

 

 

 

venerdì 16 aprile 2021

IL COVID: PALCOSCENICO DI POLITICANTI ALLO SBARAGLIO

RUBRICA DI ATTUALITÀ


"Pensare fuori dalle Righe"






Devo ammettere che mai come in questo periodo avverto un senso di fastidio nei confronti di quelli, sempre più, che si dicono politici, ma in realtà probabilmente non sanno scrivere neppure una lettera in italiano. 

Se fosse solo un problema di grammatica non sarebbe poi tanto male. Il famoso film di don Camillo, infatti, ci ha insegnato che si può essere sgrammaticati, però di fatto si può avere un cuore attaccato al bene, nonostante le proprie rozzezze; proprio come lo era il cuore del buon Peppone. La cosa che davvero è diventata insostenibile è tutta questa esternazione di solidarietà, di buon senso, di vicinanza alle vittime del covid, di appelli accorati ai commissari e alle strutture sanitarie a cui stiamo assistendo in queste ore sui social. 

Sembra che alcuni politicanti (mi scusino se non riesco a chiamarli politici) trasudino umanità; la stessa umanità che, però, li porta a non salutare alcuni perché non sono amici di merenda; un’umanità sensibile che li spinge ad ignorare chi non li ha votati, anche se realmente in difficoltà; a non pagare le prestazioni di persone che non hanno un cognome importante; ad offendere i loro rivali con parole e gesti che nemmeno i bambini delle scuole elementari; a privilegiare i soliti amici degli amici per non perdere quel po’ di consenso comprato a suon di raccomandazioni, favori e compromessi che verrebbe da rubare le parole a Dio: “Adamo, Adamo, dove sei?” 

Insomma, che sia Adamo, Eva, gentile o scontroso assistiamo ad una serie di fantocci che hanno fatto del populismo, del post sentimentale, del selfie o del messaggio di cordoglio a basso prezzo (ci sarebbe da domandare se, quando stavano male le persone per cui si spendono parole d’oro dopo il decesso, hanno sentito il bisogno urgente di fare una visita a casa o una telefonata) uno stile di politica. È davvero triste vedere che, mentre la gente muore (di covid o di fame) questi, senza ritegno, continuano a solcare la scena di un teatro impietoso in cerca di like, pacche sulle spalle o saluti compiacenti. Io non so se è condiviso quel che penso, ma … ci avete davvero stancato. 

Tornate ad imparare l’arte del silenzio contemplativo, quel silenzio nel quale può germinare una visione nuova della realtà e dell’emergenza. Piuttosto che lodare le associazioni, le caritas o i volontari, magari nelle tante mattinate che passate inutilmente a fotografarvi (mentre altri lavorano), mettetevi accanto ai volontari e lavorate con loro, offritegli aiuto concreto, sporcatevi per davvero le mani e non solo il tempo di un clic o di un applauso.

Sì … sì … lo so … adesso arriveranno i commenti (sempre alle spalle): “smetti di fare politica e pensa a dire la messa”. Saranno proprio quelli che si sentiranno colpiti a dirlo. Io, invece, non smetto, me lo impone quel vangelo che amo. Non smetto perché forse molti vorrebbero dirvi che avete stancato con questa melassa da fiera, ma non possono farlo. Non possono farlo perché hanno paura delle ritorsioni, di vedersi negato quel favore che dovrebbe essere un diritto, o magari temono per i loro figli … io, invece, siccome non ho nulla da perdere, ma proprio nulla, ve lo dico anche a nome loro: “ci avete proprio stancato … ma davvero tanto!” 



 Don Giuseppe Fazio
gfazio92@gmail.com