sabato 24 agosto 2019

MORRA E GRATTERI: PRIMA DI PARLARE, PENSATE!

RUBRICA DI ATTUALITÀ


"Pensare fuori dalle Righe"




Ammetto che il titolo di questa mia riflessione possa risultare un po’ forte e forse anche irrispettoso, ma a volta tocca correre il rischio di risultare tali quando di mezzo c’è in gioco, non solo la verità, ma propriamente la strumentalizzazione della stessa per interessi di partito o di poltrone. 

Non vi nego che scrivo queste righe con molto dispiacere perché, se alcune affermazioni arrivassero da un qualsiasi politicante improvvisato passino pure, ma dal Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia e dal Procuratore Capo di Catanzaro, beh … è un’altra storia. Ma andiamo con ordine …

Qualche giorno fa il Senatore Morra in suo acceso ed intenso discorso così si è espresso nei riguardi del Ministro dell’Interno: 

“Ora in terra di Calabria ostentare il rosario, votarsi alla Madonna, dove c'è il santuario cui la 'ndrangheta ha deciso di consegnarsi significa mandare messaggi che uomini di Stato, soprattutto ministri degli Interni devono ben guardarsi dal mandare”.


Ora lungi dal voler affermare che la ‘Ndrangheta non abbia strumentalizzato molti simboli religiosi, lungi dal voler pensare che non ci sia commistione tra una certa ritualità e una forma deviata e inconsistente di pietà con il linguaggio mafioso; ancor di più lungi da me il voler difendere la squallida strumentalizzazione del rosario e, prima ancora del Vangelo, fatta dal Leader della Lega. Tuttavia mi domando: “Come si può dire che mostrare pubblicamente il Rosario sia un messaggio alla ‘Ndrangheta per il fatto che il Santuario di Polsi era diventato – come tristemente sappiamo – luogo di ritrovo di alcuni boss mafiosi?”

Intanto questo, da che ne ho io memoria, non risulta da nessuna inchiesta, dichiarazione di pentiti o studi fatti in merito. Sarebbe come a dire che il Papa, che qualche giorno fa ha benedetto centinaia di rosari in piazza San Pietro, abbia voluto mandare un messaggio ai mafiosi, oppure come a dire che se, nel Santuario che si trova nel perimetro della mia parrocchia in Belvedere Marittimo, io prendessi in mano il Rosario stia mandando un messaggio alla cosca locale. Ma ci rendiamo conto di quello che si va dicendo soltanto per affondare l’avversario politico?
La risposta di Salvini, che da volpone mediatico qual è non si è fatta attendere, ha così rimbalzato l’attacco: “Il Senatore Morra ha offeso in un colpo calabresi e cattolici”. Ora – mi costa dirlo – per una volta non sento di dare torto al Ministro dell’Interno, perché altra cosa è dire che i mafiosi abbiano assunto il linguaggio religioso per portare avanti le loro schifezze, altra cosa è dire tout courtche sventolare un rosario sia un occhiolino alla mafia!


Stessa amarezza ho assaporato leggendo le dichiarazioni rilasciate da Nicola Gratteri, noto Procuratore al quale siamo grati per il lavoro profuso contro la ‘Ndrangheta, ma che spesso si lascia andare a dichiarazioni che sanno di improvvisazione mediatica. Riporto anche le sue parole rilanciate dal “Corriere della Calabria”: 


“Faccio il magistrato da 26 anni – spiega Gratteri – e non trovo covo dove manchi un’immagine della Madonna di Polsi o di San Michele Arcangelo. Non c’è rito di affiliazione che non richiami la religione. ’Ndrangheta e Chiesa camminano per mano...”

Ora, anche qui consentitemi di giocare di anticipo rispetto alla critiche di eventuali superficiali: non si può negare che alcuni uomini di chiesa, forse nemmeno pochi, abbiano e continuino ad avere un atteggiamento di collusione o forse di superficiale indifferenza nei confronti del fenomeno mafioso. Questo – purtroppo – non posso nemmeno pensarlo. Ma è altra cosadal dire che “Chiesa e ‘Ndrangheta in Calabria camminano per mano”.

Al Procuratore Gratteri, infatti, bisognerebbe ricordare un po’ di storia che, ne sono certo, egli conosce meglio di me. Quando, non solo in Calabria, ma in tutta Italia si pensava che la mafia non esistesse, furono i vescovi italiani, e non i magistrati, a denunciare questo fenomeno. Nel 2006 fu la Caritas Calabrese, e quindi i vescovi calabresi, a denunciare con forza l’insufficienza di mezzi e di attenzione che, non solo all’interno della Chiesa, ma anche all’esterno e quindi nella magistratura come nella politica, rallentavano la morte del fenomeno ‘ndranghetisico. 
La Calabria vanta, tra gli altri, personaggi come don Italo Calabrò che seppe spendersi senza paura contro la ‘Ndrangheta a difesa dei più poveri. Attualmente abbiamo sacerdoti come don Giacomo Panizza, don Ennio Stamile che non si sono mai fermati dinanzi alle intimidazioni ricevute, ma con coraggio portano avanti molte iniziative in territori confiscati, tra cui mi piace menzionare “Luna Nuova” di Lamezia Terme e la nascente università della memoria e dell’impegno che va prendendo vita in Limbadi (VV). 

Occorrerebbe ricordare che, proprio nella diocesi che egli critica nel suo intervento, ovvero Locri-Gerace, una faida tra mafiosi è stata smorzata dall’allora Vescovo Giancarlo Maria Bregantini che senza mezzi termini, non solo condannò il crimine mafioso, ma lo combatté mettendosi accanto a molti giovani e costituendo delle co-operative sociali, perché la mafia si combatte anche creando posti di lavoro per coloro che il lavoro fanno fatica a trovarlo senza una raccomandazione. In questa stessa diocesi l’attuale Vescovo Mons. Oliva sta continuando un lavoro intelligente sul territorio di cui espressione è stata la giornata della Memoria tenuta il 21 Marzo di due anni fa proprio a Locri. 
Ancora bisognerebbe ricordare al Procuratore che a Reggio Calabria non è lo stato a favorire l’allontanamento da famiglie mafiose di donne e bambini, ma Libera che attualmente in Calabria – ma guarda un po’- è guidata da un sacerdote (don Ennio Stamile) e che ancora prima era guidata da un ex-sacerdote (Mimmo Nasone). La lista potrebbe continuare a lungo e potrei portare l’elenco delle persone che personalmente, fin da seminarista, ho accompagnato e continuo ad accompagnare in un ambiente che, spenti i microfoni e i riflettori, fa sperimentare tanta solitudine in primo luogo proprio da parte delle istituzioni. Ma sono tanti i confratelli che nel silenzio s’impegnano, come ci ha insegnato don Pino Puglisi, a fare il loro semplice dovere, annunciando il Vangelo e con questo combattendo alla radice fenomeni come la ‘Ndrangheta. 

Concludo perché questa volta mi sono molto dilungato e voglio concludere con una domanda: è mai possibile che non si riesca a capire che la lotta al crimine organizzato non si fa sparandosi gli uni contro gli altri, ma alleandosi, catalizzando le energie positive, perché in fondo siamo dallo stesso lato della “barricata”? È mai possibile che gente intelligente come il Senatore ed il Procuratore non si rendano conto che delle mele marce non rendono marcio tutto l’ambiente. Altrimenti anche il Procuratore non sarebbe credibile visto e considerato che certamente se ci troviamo in queste condizioni oggi è perché ci sono stati tanti più procuratori, giudici e avvocati corrotti rispetto a quanti preti e vescovi magari lo sono anche stati.

A me davvero fa tanta paura la poca intelligenza con la quale si parla e spesso si disorienta a costo di trovare un po’ di luce propria e qualche spazio sui giornali. Forse anche questa è mafia. 



Don Giuseppe Fazio
gfazio92@gmail.com






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