mercoledì 5 giugno 2019

TUTTO A POSTO E NIENTE IN ORDINE

RUBRICA DI OPINIONE
"Agorà: Piazza di discussione"



Eccoci, ci risiamo; un altro articolo riguardo l’Italia. Probabilmente vi starete annoiando a sentirmi parlare spesso di questa Nazione, però non riesco a stare zitto. E’ più forte di me. Quando sento determinati avvenimenti, che pongono le loro radici proprio nel mio Paese, rimango sconcertato. Sono solito parlare bene dell’Italia, descriverne tutti gli aspetti positivi, talvolta quelli negativi, ma oggi ho deciso di soffermarmi non sul solito Made in Italy, su quanto siano buoni i prodotti italiani o su come si presentino i nostri paesaggi, ma su un argomento riprovevole
La mia espressione, mentre sto scrivendo, è diversa; lo sento. In questo momento non ho più gli occhi a cuoricino mentre parlo della mia Italia, non sono più estasiato bensì arrabbiato e deluso. “Arrabbiato”, perché? Perché dinnanzi a tanto menefreghismo quanta indifferenza, di gran parte del popolo italiano, non posso che esserlo. “Deluso”, perché? Perché man mano sto perdendo fiducia nella classe politica e nella gente del popolo, e non ce l’ho con le povere persone che non hanno potuto istruirsi e che quindi non presentano una loro idea concreta e fondata, me la sto prendendo con chi –in realtà- non doveva essere proprio nei miei pensieri: avvocati, medici, ingegneri, magistrati, giornalisti… Insomma, gente che come minimo al giorno d’oggi deve possedere almeno una laurea. Tuttavia quest’ultima, evidentemente, a molti non basta per garantire l’assenza di un inquinamento intellettuale nella loro persona. 
Dunque, perché vi sto parlando di queste mie emozioni? O meglio, per quale motivo nascono? 
Bene, il tutto riguarda la vicenda dell’illustre colonnello dell’Arma dei Carabinieri: Sergio De Caprio. Probabilmente molte persone non sapranno neanche chi sia, ma se vi dicessi “l’uomo che arrestò Totò Riina”? Esattamente. “Capitano Ultimo”, pseudonimo di De Caprio, insieme ai suoi uomini mise materialmente le manette il 15 gennaio 1993 a Salvatore Riina, ciononostante è visibilmente un uomo come tutti, non si eleva a salvatore della patria, non vanta i suoi numerosi grandi arresti ed è felicemente disposto a viaggiare per parlare della sua avventura nelle scuole e nelle piazze di tutta Italia (“Abbiamo solo fatto il nostro lavoro, ma noi non siamo nessuno, siamo al servizio della comunità”, sostiene Ultimo).Ma c’è un “ma”, un “ma” grosso quanto una casa, che è quello che mi ha spinto a scrivere questo articolo. Direte “E allora che problema c’è? Ha arrestato uno dei più potenti boss italiani… E’ ai piani alti dell’Arma…  Sicuramente è protetto da tutti e tutto. Fa la bella vita”, beh non proprio. Come si evince anche dal recentissimo libro-inchiesta di Pino Corrias“Fermate il Capitano Ultimo!”, il carabiniere è stato condannato a morte –naturalmente- dai mafiosi, in primis da ProvenzanoBagarella, che ancora oggi vive clandestino; è odiato dagli inquisiti, visto di cattivo occhio dalle alte gerarchie dei carabinieri e della politica; è stato accusato di aver inscenato la cattura di Riina; è stato accusato di non aver perquisito la villa del mafioso di Corleone, dando tempo alla criminalità complice di ritirare ogni indizio utile per le indagini; lo hanno accusato di aver danneggiato gli affare di Finmeccanica, arrestando il suo titolare; lo hanno accusato di aver attaccato la Lega di Bossi, Maroni e Salvini e di aver complottato contro Matteo Renzi. Lo hanno accusatoè questo che deve far riflettere, invece di assecondare chi lo attacca.  
Non è una novità che chi parla e agisce troppo viene soppresso, ciò risale fin dall’Età Augustea, dunque mi chiedo: è una caratteristica dell’italiano o dell’uomo in generale quella di ripudiare chi fa del bene per la comunità? Capitano Ultimo è uno degli eroi semi dimenticati, ma perché lo si vuole far dimenticare, lo si vuole mettere da parte. Siamo forse l’unico Paese che invece di elogiare e gratificare chi ci salva il fondoschiena, decide di condannarlo, criticarlo e – nei casi più eclatanti – farlo fuori. Precedentemente ho citato classi abbienti della società, poiché contrariamente a quanto dovrebbe essere sono proprio i più colti (ovviamente non si fa di tutta l’erba un fascio) che attaccano maggiormente Ultimo vedendolo come un impostore, un vile, un qualcuno di corrotto e vicino ad ambienti loschi (si pensa facilmente che l’arresto di Totò Riina sia stato architettato dal Capitano in collaborazione con le cosche avversarie, quindi per favoreggiarle levando dalla circolazione un grande rivale). In questi casi, allora, mi viene da pensare che la cultura l’abbiano trovata nell’uovo di pasqua di una sottomarca.
Il trattamento che si pone a De Caprio è tutt’altro che normale e democratico, e si ha il coraggio di difendere ciò. Il colonnello, dopo un passato nei Ros, nel Noe e nei Servizi, oggi è stato retrocesso ad un impiego presso i Carabinieri forestali, nel Reparto biodiversità e parchi. Non può ricevere telefonate dirette né farle. Non riceve automaticamente incarichi di un certo livello, come una volta. Passa le giornate chiuso in un ufficio, perché è pur sempre un obiettivo sensibile. E nonostante l’ultimo punto, i colletti bianchi all’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personalesi divertono a mettergli e togliergli la scorta. 
Il grande problema è che chi decide di entrare a contatto con la criminalità organizzata va avanti e riesce pure a raggiungere posti di privilegio. Chi, invece, si schiera dalla parte opposta e cerca di battersi contro il grande mostro che è la mafia, spesso – come in questo caso – si  vede chiuse le porte in faccia da magistrati, Capitani, Commissari e chi più ne ha più ne metta, giungendo a ruoli marginali o addirittura ad essere licenziati. Rimanendo solo.
Dunque, per concludere, cosa resta da fare? In primis, proprio come sostiene Capitano Ultimo, porgere fiducia e strumenti alla scuola, “ultima frontiera, l’ultimo luogo in cui si può costruire e non abbattere”.Successivamente, grazie ad una cultura fondata e consapevole, scegliere quale strada intraprendere: quella dello spettatore, che osserva le vicende, sta nella legalità, ma vive nel silenzio quando si toccano questi fatti; quella combattiva, che si sviluppa proprio grazie ad imprese come quelle del colonello De Caprio, di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato, Don Pino Puglisi, volta a debellare quei privilegi che il mafioso detiene sulla società contemporanea, volta ad estinguere questa grande macchia nera che è la mafia, autrice dello stereotipo che più caratterizza noi italiani, autrice di omicidi barbari di donne, uomini e bambini, autrice di un buio passato e di un presente da assimilare per poi usare contro questa bestia per creare un futuro nuovo e radioso, dove tutto ciò che successe dovrà essere raccolto, fatto studiare e ricordato solo come un brutto periodo da non ripetere. Ebbene, io persone come Capitano Ultimo che portano avanti questa nobile missione, non le criticherei, non le insulterei, non le emarginerei ma, non so voi, le proteggerei e le farei andare avanti una volta per tutte; allora svegliatevi, interessatevi di queste cose e parlatene a voce alta, fatelo per dare un futuro migliore a voi stessi e ai vostri figli, fatelo in onore a persone come i sopracitati eroi e fatelo per rispetto di chi non c’è più ma che avrebbe voluto una giustizia reale ed efficace. 

“C’è un sacco di gente che fa il carabiniere per avere un po’ di potere. Io l’ho fatto per la ragione opposta: restituirlo alla gente, seguendo un solo principio, quello che la legge è uguale per tutti.”
– Capitano Ultimo, Sergio De Caprio

Aldo Maria Cupello 
aldocupello6@gmail.com



















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