martedì 17 dicembre 2019

PERCHÉ LA SOLITUDINE MI FA PAURA?


RUBRICA DI ATTUALITÀ


"Pensare fuori dalle Righe"






Abbiamo tutti paura di qualcosa. Chi del buio, chi dell’altezza, chi degli insetti, ecc … ma c’è una paura che ci accomuna un po’ tutti. Una paura che, per lo meno, abbiamo attraversato tutti quanti. Magari c’è chi l’ha superata, chi la sta superando o chi ancora ne è profondamente schiavo … questa è un’altra storia. Resta il fatto che sia una tappa obbligata della nostra esistenza: la paura della solitudine.

Perché la solitudine ci fa così tanta paura? È una paura così radicata che ci siamo ingolfati di “relazioni”: facebook, instagram, WhatsApp, Telegram. Siamo sempre online e, anche quando non lo siamo, abbiamo le cuffiette nelle orecchie. Silenzio e solitudine devono stare fuori dalla nostra quotidianità.

Ma perché? Da un lato la paura dinanzi a qualcosa esprime il fatto che non possiamo tenere tutto sotto controllo. Dice di noi che siamo fragili, frangibili. Che io e te abbiamo paura vuol dire che non siamo invincibili come spesso speriamo. Una paura in fondo manifesta un punto debole e, in un tempo come questo, avere punti deboli è un lusso che non ci si può permettere.

La paura della solitudine, però, è un po’ la panacea di tutte le paure. Se ci pensate, infatti, se hai paura del buio, per esempio, ma sei con un’altra persona quella paura diventa “meno paurosa”. La solitudine è l’espressione del fatto che alla fine ogni paura possa diventare un baratro.

Eppure questo sentimento ha qualcosa di grande da dirci. Una cosa fondamentale, senza la quale non siamo neppure liberi di amare gli altri. Quando, infatti, ho paura della solitudine inizio a cercare altre persone per un mio bisogno, dunque, non in modo libero.
Una relazione iniziata per riempire una solitudine è un fallimento annunciato. La cosa strana sapete qual è? Che più cerchiamo di riempire questa solitudine, più essa si manifesta, fagocita ogni cosa. Sembra davvero un pozzo senza fondo. Per evadere in molti si stordiscono: alcol, droga, sesso, soldi … sono tutti palliativi dettati dalla paura di questa “bella signora”, come la chiama Gianni Morandi, in una sua datata, ma bella canzone. 

Che fregatura. Più ne hai paura, più la solitudine ti si attacca al cuore. E allora, quale soluzione? Dialogarci.
La nostra solitudine ha da dirci qualcosa di estremamente importante: i nostri cuori non possono essere saziati dalle cose e neppure dalle persone che ci stanno intorno. Per quanto puoi avere delle bellissime relazioni, dentro il tuo cuore, in fondo, in quel posto in cui entri la sera quando, stanco di una giornata, sei solo con te stesso, la solitudine rimane.

Nessuno può conoscere alla perfezione i tuoi dubbi, le tue paure, le tue speranze, le tue ferite, i tuoi traumi, i vizi dai quali non riesci ad uscire, le sconfitte che ancora bruciano. Nel tuo cuore, che ti piaccia o no, rimarrà sempre uno spazio di solitudine.
Per questo la solitudine ci fa paura. Sì, ci fa paura perché rimane lì, perché ci ricorda che tutto quanto siamo e abbiamo non ci basta.

Molti per questa paura si sono rovinati l’esistenza, altri, a partire da questa, sono sbocciati. Dove sta la differenza? Come far diventare la solitudine un trampolino? Abbiamo bisogno di non lottare più con lei, di accettarla come pungolo che ci ricorda le cose importanti della nostra vita. 

La solitudine, infatti, deve rimanere lì perché ci deve ricordare che questa terra non ci basta. Questa compagna di strada deve diventare lo spazio nel quale devono echeggiare domande più grandi. E non importa che tu sia ateo, agnostico o fervente cristiano. In questo spazio di solitudine devi imparare a domandarti che senso ha la tua vita, dove stai andando, se sei davvero felice dei tuoi progetti. 

Questa solitudine è una solitudine benedetta perché in qualche modo ricorda al tuo cuore che siamo sazi soltanto quando afferriamo l’eterno. Questa solitudine ci fa paura in fondo perché ci ricorda che non siamo fatti per cose piccole, effimere. Abbiamo bisogno della grandezza di cui soltanto l’Infinito può riempirci.

Sì, la domanda su Dio e sulla nostra esistenza è ancorata proprio a questa solitudine; in questo silenzio esistenziale che, quando realmente abitato, inizia a dare sapore ad ogni cosa. Del resto solo quando accetti di essere solo puoi davvero essere con-solato; cioè puoi finalmente smettere di chiedere agli altri di toglierti la solitudine, per abitarla con te, per condividerla con loro.



Don Giuseppe Fazio
gfazio92@gmail.com





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