domenica 6 novembre 2022

Ciao, Mario. Dal cielo ora insegnaci la leggerezza che hai sempre vissuto.

Cara moglie di Mario, 

Cari Genitori, 

Carissimi fratelli e sorelle, amici e parenti di mario,

 

 

            Consentitemi di ringraziare il caro don Vincenzo che ha voluto che io presiedessi questa celebrazione eucaristica. Quando si diventa sacerdoti si pensa alle grandi celebrazioni di festa che si è chiamati a presiedere: matrimoni di amici, battesimi dei loro figli e altro. Difficilmente si mette a conto che arriverà il momento di presiedere la preghiera e prendere la parola in circostanze meno allegre, come questa che oggi viviamo e nella quale preferirei rimanere in silenzio. 

 

          Proprio per questo motivo sento di iniziare questa omelia chiedendovi scusa per le parole che dirò in quanto certamente non saranno adeguate al vostro dolore, al vostro dispiacere, al quale mi accosto come ci si accosterebbe entrando in un santuario.

 

Oggi ci siamo riuniti attorno a questo altare, ancora una volta, per pregare per Mario, ma anche per ascoltare la Parola del Signore l’unica capace, alla fine, di illuminare le tenebre della morte. 

 

Certo lo facciamo con tante domande nel cuore: perché? Perché lui? Perché a questa età? Perché sono sempre i più buoni ad andare? Mario era un buono!

 

Domande che in fondo ci fanno approcciare alla dipartita di questo nostro caro fratello quasi come fosse un’ingiustizia.

            

In realtà, per quanto duro è ammetterlo, la morte non è un’ingiustizia. Fa parte della vita terrena e non c’è un’età giusta per morire. Funziona così per le piante, funziona così per gli animali e funziona così per noi uomini. Da questo non è stato esente nemmeno il Figlio di Dio fatto uomo. 

 

Preoccupati – come ci ha detto la prima lettura – di pensare solo alle cose della terra, la morte ci appare come una cosa ingiusta, come una sorpresa, come qualcosa che non ci dovrebbe essere. In qualche modo pensiamo che sia sempre qualcosa che debba toccare ad altri; a noi il più tardi possibile. 

 

Io di Mario ne conservo un ricordo bellissimo. Fu il primo, insieme ad un altro compagno, ad abbattere le barriere della mia timidezza quando arrivai a san marco. Era un tipo semplice, senza strutture, si presentava così com’era e con quella semplicità ti faceva sentire a casa, ti faceva sentire importante, ben stimato. 

 

In lui non si percepiva il peso della terra, ma la leggerezza del cielo. Portava in sé una leggera comicità di chi non si prendeva troppo sul serio, sapeva ridere dei suoi limiti, anche della sua bassa statura e questo lo rendeva capace di essere simpatico a tutti. Credo non esista una persona che abbia potuto percepire Mario come antipatico.

 

Lui in qualche modo, forse perché la sua salute fin da piccolo gli aveva fatto capire che la vita su questa terra può interrompersi in qualsiasi momento, si portava il cielo dentro. 

 

 

 

Ed è la Parola proprio che abbiamo ricevuto da San Paolo poco fa: la nostra cittadinanza è nei cieli.

 

Tutti quanti noi siamo in cammino verso il cielo. Ce lo dimentichiamo spesso … è un po’ come se fossimo in viaggio per milano e, strada facendo, ce lo dimenticassimo. Arrivati alla meta quasi ci sorprendiamo di esserci, quasi protestiamo perché vorremmo essere ancora al punto di partenza. 

 

Vedete… la morte non è un’ingiustizia. Sprecare questa vita è la vera ingiustizia. 

            

Cos’è più ingiusto una vita bella come quella di Mario? O tanti ragazzi e ragazze che rovinano la loro esistenza in cose banali come l’apparenza, l’alcol, la droga, il sesso? Cos’è più ingiusto una vita breve come quella di Mario o tante vite lunghe, ma mediocri e banali, dedite al potere e al sopruso?

 

Mi ricordo che mai si capacitava, Mario, di queste persone. Tante volte mi chiedeva: “Ma secondo te?” Poi ascoltava quello che avevo da dirgli e concludevamo la conversazione con un sospiro, prima di iniziarlo a prendere in giro e a ridere insieme. 

 

Altre volte, invece, quando nelle assemblee di istituto o in qualche diverbio con i professori non me le tenevo – sono sempre stato un guerrafondaio vestito da angelo – mi si avvicinava con circospezione, manco avesse dovuto spacciare droga, e, guardandosi intorno, mi diceva: hai fatto bene a cantargliele, così impara.

 

Mario, forse senza esserne troppo cosciente, ci ha aperto una finestra sul cielo con la sua semplicità e anche nella sua dipartita, senza troppi congedi, parole o altro, ci ha voluto ricordare che non possiamo tralasciare questa verità fondamentale: o camminiamo verso il cielo o la vita terrena diventa mediocre e brutta.

 

Un po’ come mediocre e brutta è la vita dell’amministratore di cui ci ha parlato il Vangelo che, per paura, accumula, cerca sicurezze e finisce per rubare. Sì, ascoltando le nostre insicurezze tante volte rubiamo vita agli altri. Mario, invece, ne ha donato tanta perché dentro di Lui Dio aveva messo tanta vita.

 

Io non so se sono nella posizione di farlo … ma vi chiederei due cose:

 

1.     Al di là del dolore e, forse anche della rabbia, ringraziate per il dono di aver conosciuto una persona così. Fate prevalere il ringraziamento a Dio per avercelo donato, per avercelo custodito per 31 anni. La morte sembra un’ingiustizia, ma la verità è che la vita non è un diritto. Se oggi soffriamo per la sua partenza è perché Dio prima ce lo ha donato. E mica ce lo meritavamo. Cari genitori, siate orgogliosi e felici di aver avuto un figlio così. Fate prevalere – mi scuso se uso questa parola proprio oggi - la felicità. Così lui vorrebbe.

 

2.     Non sprechiamo la vita ed il ricordo di Mario, non affoghiamo nel dolore quanto di bello ci ha donato. Anzi, trasformiamolo in vita. Facciamo fruttare nel nostro cuore tutto quello che ci ha insegnato. 

 

 

Impariamo a puntare al cielo e forse, come Mario, smetteremo di prenderci troppo sul serio, di pensare di essere più alti di quel che siamo, di essere sempre arrabbiati, nervosi, nevrastenici, impauriti. 

 

Mario dal cielo, casa nostra, oggi ci sorride e ci benedice. Me lo voglio immaginare con quel suo sorriso divertito che ci prende un po’ in giro: ja movitivi, ca tantu ca ata venì. 

 

E noi, anche se con il cuore dolorante, riprendiamo fiduciosi il cammino, acceleriamo il passo verso il cielo, dove ritroveremo Mario e tutti i nostri fratelli che ci hanno preceduto.

 

Sì, li ritroveremo e sarà bellissimo. 




Don Giuseppe Fazio

gfazio92@gmail.com







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