venerdì 24 giugno 2022

LETTERA A TE CHE HAI SPARATO (E A TE CHE SPARERAI)

Caro fratello, 

 

 

            Non voglio e non posso rassegnarmi all’idea che il sangue schizzato ovunque, mentre i vetri della macchina si infrangevano e il rumore dei proiettili ti rimbombava nelle orecchie, ti sia scivolato addosso e tu sia andato a dormire come nulla fosse. Non posso pensare di te questo, mi rifiuto. 

 

Anche ammettendo la possibilità che tu fossi sotto l’effetto di stupefacenti voglio immaginare che la parte più bella di te, quel segno di luce che il Dio in cui credo imprime in ciascuno di noi, si stia ribellando nel profondo del tuo cuore, proprio in quella intimità che chi ti ha dato l’ordine di sparare non può vedere; quella parte che tu, forse, consideri debole, ma in realtà è la vera forza di ogni uomo. 

 

Credimi se ti dico che verso di te non provo rabbia. Una rabbia che, invece, provo verso quei sindaci che pensano che “il problema è di Cetraro” e non hanno avuto il coraggio di alzare la voce, di fare rete; la stessa rabbia la provo verso quegli altri politici locali che pensano che il problema si possa nascondere parlando di alcolici, super alcolici e musica ad alto volume. Dalla loro bocca non si sente uscire la parola mafia, ‘ndrangheta, agguato. Commemorano Giannino Losardo che fu ammazzato proprio nella stessa modalità con la quale tu hai sparato l’altra sera e di questo grave fatto non hanno il coraggio di dire una parola. Ho rabbia verso quegli amministratori che stanno dietro le fila e che, pur vedendo tutto andare a rotoli, non hanno il coraggio di criticare apertamente, di fare politica, quella bella, quella vera, quella che crea un consenso adulto. In molti devono mantenere il proprio angolo di potere e di asservimento per cui è meglio non creare conflitti interni. 

 

Ho davvero rabbia  verso le istituzioni di ogni ordine e grado e di cui anche io faccio parte. 

 

Tutti questi mi fanno più rabbia della tua violenza perché pare proprio che non vogliano capire che ad un male pubblico si deve rispondere non solo, ma anche in modo pubblico. Pare proprio non si rendano conto che non si può chiedere ai più giovani di essere coerenti e di impegnarsi per il bene se poi questo bene non porta noi in prima persona a metterci la faccia e a perdere qualcosa, magari un po’ di pace, magari un po’ di buona fama, magari un po’ di like.

 

Mi fa rabbia perché i tuoi capi si crogiolano sul fatto che tanto, se si continua così, non cambierà un bel nulla. Constatare che hanno realmente ragione, mi fa una rabbia che non so descriverti. Ma questa rabbia – davvero – non è per te!

 

Ti chiederai perché questo? Perché il carcere mi ha fatto capire tante cose. Spesso dietro ad una persona che preme il grilletto c’è una persona che pensa di non poter più tornare indietro, una persona ferita, una persona cresciuta in un ambiente marcio, o forse una persona alla quale nessuno ha mai dato fiducia … insomma una persona ferita e illusa che, anche a causa della droga, ora è schiavo di se stesso e dei suoi errori.

 

Nel caso in cui, invece, tu fossi stato proprio convinto di quel che facevi e adesso ne sei anche soddisfatto, ancora di più non proverei rabbia nei tuoi confronti, ma tanta pena e dispiacere. Un Uomo che non riesce a riconoscere un male così radicale dentro e intorno a se stesso è assimilabile ad un uomo che con gli occhi completamente rovinati non riesce a distinguere la strada che percorre finendo convintamente in un burrone. 

 

Credimi, caro fratello, che se potessi ti abbraccerei e piangerei con te, con quella parte intima di te che non accetta il tuo modo di vivere da animale. Tra le lacrime ti sussurrerei che tu non sei l’animale che mostri di essere, ma il Figlio di quel Dio che non si stanca mai di guardarti con tenerezza e affetto. Ti supplicherei di tagliere con il male che ti sei messo dentro per guardare al bello che ancora puoi essere. 

 

Ti supplicherei di considerare quel povero uomo che ora lotta tra la vita e la morte sul letto di un ospedale o il dolore dei suoi amici e parenti, i quali spero non faranno seguire a questo atto altra violenza perché – ce lo dobbiamo ricordare sempre – violenza chiama solo violenza. 

 

Potessi solo avere l’opportunità di guardarti in faccia, di incrociare i tuoi occhi, sì, ci proverei ad annunciarti il Vangelo e la misericordia perché il mio Dio non è venuto per la morte del peccatore, ma perché si converta e abbia la vita. 

 

Potessi avere un solo motivo per dirmi che la mia rabbia è immotivata chiederei perdono in ginocchio sui ceci in piena piazza, mi farebbe meno male. Ma temo che difficilmente se ne troverebbe qualcuno.

 

 

 

 Don Giuseppe Fazio







 

 

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